Dossierbarbaros

 

 

DB 1 – Introduzione

Molti anni fa avevo osservato, senza darvi particolare importanza, la segmentazione un po’ strana, disuguale della parola 

 

     

 

a pag. 64 dell’edizione francese del 1922 del Cours de linguistique générale del De Saussure (la riproduzione qui a destra di questa parola è azzurra appunto perché all’epoca l’avevo evidenziata).

In questo dossier si evincerà come, quando e perché il mio interesse è aumentato.

 

DB 2 – 16.1.2002 – Email circolare “Manoscrittura 1

From: Andrea Gaeta

To: Undisclosed-Recipient

Sent: Wednesday, January 16, 2002 12:18 PM

Subject: Manoscrittura - 1

 

Proseguendo la mia battaglia contro i mulini a vento per valorizzare il genio di Buccola informo di quanto segue:

 1. è disponibile on line la trascrizione integrale del lavoro di Buccola sulla scrittura. Basta andare al mio sito www.bitnick.it, cercare il link nell'elenco delle opere di Buccola (sezione Atomi on line) e scaricarsi o stamparsi le pagine;

 2. sto lavorando ad una rassegna di lavori sulla manoscrittura. Chi fosse interessato può seguire l'evoluzione del mio lavoro sempre nello stesso sito (AG 11);

 3. avrei bisogno di una foto decente di un particolare leggio ideato da Cesare Colucci (1914) per studiare la pressione della penna durante la scrittura (vedi BU 33 e AG 11). Si dovrebbe trovare in Galdo L., L'istituto di psicologia sperimentale della R. Università di Napoli, Napoli, 1936. Se qualche collega potesse favorirmela, via Internet, gliene sarei molto grato;

 4. analogamente saranno bene accette segnalazioni bibliografiche integrative, suggerimenti, ecc.;

 5. Questa email la invio ad una trentina di persone (Vacca, Uberti, Tenti, Tangheroni, Robiony, Pigliacampo, Picco, Pellegrinato, Nastasi, Mininni, Mazza, Masci, Mantovani, Luccio, Lorenzi, Lapiccirella, Gambarara, Gamaleri, Di Trocchio, Crapella, Contu, Cimino, Chiarucci, Chiari, Cammarata, Bianucci, Bianco, Basso, Barcia, Baracco, Albano Leoni), con cui ho avuto qualche contatto, magari sporadico. La maggior parte, sicuramente, non sarà interessata e quindi mi scuso del piccolo fastidio di far perdere qualche istante prima di cestinare questa email (pochissimi Kb). Invito tutti, però, sfruttando i prodigi di Internet, a inoltrare questa email a qualche loro conoscente che potrebbe essere interessato. Non sarebbe una catena di S. Antonio, ma un mezzo scientifico-statistico per trovare interlocutori.

  Grazie. Andrea Gaeta

La ringrazio per le informazioni su Buccola; ho aperto il suo sito e ho trovato materiale di grande interesse. Non ho al momento elementi per aiutarla nel suo lavoro, ma lo farò volentieri se si presenterà l'occasione. Un saluto molto cordiale, Guido Cimino

 

 

DB 3 – 21.1.2002 – Estratto di una lettera a De Mauro (vedi GD 78 in AG 19)

A pagina 64 della edizione francese del 1922 del Cours, a proposito della genialità dei segni alfabetici greci, vengono riportate delle stanghette verticali (separatrici dei tempi omogenei) che differiscono, per errore di composizione tipografica, da quelle della Sua traduzione italiana (p. 54, ediz. 1976). Ad un esame attento si nota che esse non sono equidistanti e che sono tracciate all’inizio del fonema/grafema, e non al centro. La grande cortesia che oso chiederLe è quella di poter avere la fotocopia della ripresa stenografica di questo passo del maestro ginevrino, onde poter eventualmente trarre qualche lume sulla questione.

 

DB 4 – 1.2.2002 – Prima email a Cristina Vallini

Gentile Professoressa Vallini,

non riuscendo a raggiungerla telefonicamente provo a scriverle per avere un’informazione al volo.

Conoscendo la Sua grande competenza su Saussure, vorrei cortesemente sapere se esiste qualche luogo in cui il maestro ginevrino accenni alla stenografia. E, ancora meglio, se qualche esegeta se ne è occupato.

Grazie. Cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

DB 5 – 5.2.2002 – Prima email da Cristina Vallini

  Caro Gaeta,

non ricordo di aver trovato allusioni di S. alla stenografia, che pure doveva essergli ben nota, ed era in grande voga alla fine dell’Ottocento.

Rivedrò per scrupolo i miei vecchi appunti: purtroppo non posso accedere in questo periodo alla mia biblioteca di istituto che è da parecchi mesi inaccessibile per “ristrutturazione”.

Molti cordiali saluti e grazie per le parole gentili. Cristina Vallini

 

 

DB 6 – 5.2.2002 – Seconda/terza email a Cristina Vallini

Gentilissima Vallini,

La ringrazio del riscontro e spero di poter far tesoro in futuro di qualche altra Sua “consulenza”. Mi riferisco, in particolare, al contenuto della seconda email che Le ho mandato (dopo aver invano atteso una risposta dal prof. De Mauro) e che, ad ogni buon fine, ricopio qui di seguito [vedi DB 3]

Queste informazioni, gentile Professoressa, mi servono per un lavoro sulla manoscrittura che ho in corso. Vedi il mio sito www.bitnick.it, sezione Atomi on line e indi Meccanica Grafica. (Nella bibliografia on line di questo lavoro ho riportato anche alcuni brani del suo importante studio del 1983 sulla scrittura) [vedi FO 33].

Mi permetto anche di aggiungere un mio brano (del 1989) e una email “circolare” di poche settimane fa (vedi DB 2).

Grazie ancora e cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

 

DB 7 – 6.2.2002 – Seconda email da Cristina Vallini

Caro Gaeta,

non ho mai visto “la ripresa stenografica del CLG”, ma mi sono sempre fidata abbastanza di quanto si può leggere nell’edizione di Engler, che anche se non completa, è certamente onesta. Per il valore delle stanghette verticali mi pare illuminante quanto si legge a pag. 103 dell’edizione di Engler, testo I R 24.

Non dimentichi di controllare sempre anche le Sources manuscrites di Godel, che ritengo il miglior testo sul CLG.

Cordiali saluti. C.V.

 

 

 

DB 8 – 7.2.2002 – Quarta email a Cristina Vallini

Gentilissima Vallini,

potrebbe essere non inutile un rapido passo indietro, anche per rinfrescare la memoria a qualche codestinatario di questa email (Gambarara, Di Trocchio, Albano Leoni).

Nel 1985, quando cominciavo ad occuparmi delle scoperte prosodiche di Mario LucidiMario Lucidi, badi, non un fesso qualunque come potrebbe essere per esempio il sottoscritto! – il professore Santa Maria mi fece il suo nome (vedi AG 4) e io comprai il Suo libro sulla scrittura, libro che mi colpì molto, tanto che credo di aver tentato all’epoca di mettermi in contatto con Lei.

Negli anni seguenti, sempre da isolato, ho continuato le mie ricerche concentrandole sulla telegrafia, in particolare sul Morse fonetico che ritengo essere l’unica chiave per fare luce sulla scoperta di Lucidi.

Queste ricerche si sono però intrecciate (e forse intralciate) con una invenzione, il Bitnick (su cui non la voglio annoiare, anche perché nel mio sito www.bitnick.it c’è materiale a volontà), che mi sta costando le pene dell’inferno.

Come forse sa ultimamente sto lavorando ad un “Atomo” (ho chiamato così la mia collana editoriale) sugli aspetti fisiofisici della scrittura a mano (vedi AG 11) e in tale lavoro utilizzerò anche qualche Suo contributo. Proprio mentre lavoravo a questo mi è venuta l’idea di chiederLe notizie su Saussure e la stenografia (vedi DB 4) e poi, il giorno dopo, essendomi ricordato delle Sue frequentazioni ginevrine, notizie sulla ripresa stenografica di BARBAROS (vedi DB 6).

Dopo questa premessa vengo al dunque. Ieri mi sono precipitato in biblioteca e ho consultato il lavoro (più che onesto, convengo) di Engler. Mi scusi, ma non è affatto illuminante: non ho trovato nessun accenno ai tempi, diciamo, “disomogenei” del Saussure del 1916, contrapposti a quelli “omogenei” (o omogeneizzati?) del Saussure, per esempio, del 1974:

 1916                 1974

Il discorso sarebbe troppo lungo, non voglio abusare della Sua cortesia (ad avermi almeno risposto). Mi limito a rigirare a Lei la richiesta invano fatta al Prof. De Mauro (vedi DB 3) di aiutarmi a procurare la fotocopia della ripresa stenografica di questo passo cruciale, e passato del tutto inosservato, del maestro ginevrino. Altrimenti dovrò fare da solo, cercare Engler (di cui ricordo una interessantissima conferenza a Roma su Jakobson  nel 1986…) o altri a Ginevra, ecc.

Sappia comunque che sarei dispostissimo, ed onorato, a intavolare con lei una discussione scientifica su questi argomenti.

Grazie. Cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

 DB 9 – 19.2.2002 – Prima email a Rudolf Engler (e altri)

Chiarissimo Professore Rudolf Engler,

sono uno studioso italiano che si occupa, pur non essendo un linguista né tanto meno un accademico, di questioni linguistiche e in particolare delle scoperte prosodiche di Mario Lucidi. Nel 1989 scrivevo (vedi AG 9):

Poiché il suo pensiero [di Saussure] si è diffuso per il mondo ed è giunto a noi in modo anomalo, perchè - com'è noto - non fu Saussure a scrivere il "Cours" che porta il suo nome, ma alcuni suoi benemeriti allievi che raccolsero i loro appunti dopo la morte del Maestro, si attribuiscono comunemente ad errori di tali trascrizioni e all'imprecisione dei ricordi la poca chiarezza del passo menzionato e, più in generale, le infinite contraddizioni che pervadono da cima a fondo quel libro "orale", non scritto, che è il Cours. È stato Lucidi, in tempi a noi più vicini, a far luce non solo su questo aspetto apparentemente marginale (cfr. M. Lucidi, op. cit., p. 172), ma soprattutto a capire appieno il pensiero di Saussure e a cominciare a dare una forma compiuta e lucida alle geniali intuizioni del Maestro.

Nelle prime edizioni del Cours di Saussure (1916 e 1922), a proposito dei tempi omogenei e della “consecution”, si trova la parola BARBAROS segmentata in intervalli disuguali, così

Invece, nelle edizioni successive – almeno le Sue e quelle di De Mauro, le uniche che ho consultato – gli intervalli sono stati, per così dire, livellati e “omogeneizzaticosì

Secondo me non si tratta di minuzie insignificanti e per sincerarmene avrei bisogno della fotocopia della “ripresa” stenografica di questo passo cruciale del maestro ginevrino. Spero che Lei possa favorirmela o possa dirmi a chi rivolgermi.

Con molta stima, La ringrazio anticipatamente. Andrea Gaeta

 

DB 10 – 26.2.2002 – Pima email da Giulio Lepschy

Gentile Andrea Gaeta,

non so rispondere alla sua domanda, e non ho accesso ai manoscritti. Ha provato a sentire De Mauro? Una persona che da tempo lavora sui manoscritti è Simon Bouquet <bouquet@idf.ext.jussieu.fr>. Dove ha pubblicato lavori saussuriani?

Con i migliori saluti, Giulio Lepschy

 

DB 11 – 26.2.2002 – Prima email a Simon Bouquet

           Charissimo Professor Bouquet,

Le scrivo per suggerimento del prof. Lepschy.

Sono uno studioso italiano (vedi www.bitnick.it) che, pur non essendo un linguista tanto meno un accademico, si occupa di cose fonetiche e grafiche, e in particolare delle (dimenticate) scoperte prosodiche di Mario Lucidi. Nel 1989 scrivevo:

Poichè il suo pensiero si è diffuso per il mondo ed è giunto a noi in modo anomalo, perchè - com'è noto - non fu Saussure a scrivere il "Cours" che porta il suo nome, ma alcuni suoi benemeriti allievi che raccolsero i loro appunti dopo la morte del Maestro, si attribuiscono comunemente ad errori di tali trascrizioni e all'imprecisione dei ricordi la poca chiarezza del passo menzionato e, più in generale, le infinite contraddizioni che pervadono da cima a fondo quel libro "orale", non scritto, che è il Cours. È stato Lucidi, in tempi a noi più vicini, a far luce non solo su questo aspetto apparentemente marginale, ma soprattutto a capire appieno il pensiero di Saussure e a cominciare a dare una forma compiuta e lucida alle geniali intuizioni del Maestro... Solo Lucidi nell'elaborare la teoria generale del segno (e nel trasmetterla man mano ai suoi meno benemeriti, anche se più numerosi, allievi) ha avuto ben saldo...

Nelle prime edizioni del Cours (1916 e 1922), a proposito dei tempi omogenei e della "consecution", si trova la parola BARBAROS segmentata in intervalli diseguali, così:

Invece nelle edizioni successive, almeno quelle di Engler e De Mauro, le sole che ho consultato, gli intervalli sono stati, per così dire, livellati e "omogeneizzati" così:

Tutto ciò premesso vorrei chiederLe se è possibile avere la fotocopia della ripresa stenografica di questo passo cruciale nella speranza che si possa fare qualche luce sulla questione.

           Grazie e distinti saluti. Andrea Gaeta

 

DB 12 – 27.2.2002 – Prima email a Giulio Lepschy (ed altri)

           Chiarissimo Prof. Lepschy,

La ringrazio dell'attenzione. Seguendo il Suo consiglio ho girato la mia richiesta a Bouquet. Per quanto riguarda De Mauro (e, a ruota, gli altri accademici italiani codestinatari di questa email) credo che la lettera seguente (vedi GD 78 in AG 19), rimasta senza risposta, sia sufficientemente eloquente. Per i riferimenti "oscuri", per esempio alla stenografia, mi permetto di rimandarla al mio opuscolo AG 7, Il Bitnick incompreso (disponibile al mio sito www.bitnick.it), e in particolare alla nota 4 del Cap. 2. Per quanto riguarda infine le mie pubblicazioni esse sono esigue e tutte nel mio sito (Gli Atomi on line): sono uno studioso strano, preferisco leggere, imparare piuttosto che scrivere, insegnare.

           Cordialmente. Andrea Gaeta

 

DB 13 – 27.2.2002 – Prima email di Engler

  Caro Gaeta,

non c'è la minima cattiva intenzione, soltanto - da parte mia – una solita lentezza a rispondere e – nel suo caso – un’incertezza in quanto dovrei fare il viaggio a Ginevra per controllare le date in questione e attualmente non sto troppo bene.

Ecco quel che posso dire frattanto: Nessuno sa che cosa ne è stato dello stenogramma (di Bally) che è servito alla redazione del CLG: non sembra sia stato ritrovato.

Nei Corsi I e III il problema è trattato da Saussure sotto <FENESTRA> e <TANK>.

Se non possiede la mia edizione critica, posso mandareLe fotocopie dei passaggi: mi dia il suo indirizzo postale. Se riesce ad aprire il dischetto MacDOS Word 5.1 qui allegato, vedrà le trascrizioni di cui dispongo in computer:  Caille (stenogramma del Corso I), Riedlinger, Constantin. Nell'edizione Gallimard appena pubblicata (SAUSSURE: Ecrits de linguistique générale, ed. Bouquet et Engler, Paris 2002) alla pagina 326 si vede un autografo di preparazione del corso III, con riproduzione dei suoi disegni: li ritengo fedeli. 

Aggiungo che sono sempre interessato lavori su Lucidi, che ho in massima stima.

           Con distinti saluti. R. Engler

N. B. - Mi sono permesso leggerissimi ritocchi formali a questa importante lettera, considerato che l’autore non è di madrelingua italiana e, soprattutto, molto malato.

 

DB 14 – 28.2.2002 – Seconda email a Rudolf Engler (e altri)

Chiarissimo professor Engler,

mi sorprende e mi addolora il fatto che non si sappia che fine hanno fatto gli stenogrammi di Bally che sono serviti alla redazione del CLG.

Per quanto riguarda BARBAROS  le lunghezze "spaziali" degli otto grafemi sono, grosso modo, queste:

 4,6   -   5,0   -  4,0   -   4,9   -   5,0   -   5,0   -   4,3   -    3,8

valori di cui si possono calcolare, sulla scorta degli studi di Gabriele Buccola sulla scrittura (vedi FO 9), variazioni, scarto quadratico medio, ecc.

Naturalmente per il calcolo dei "tempi" non si può fare affidamento sulla scrittura, per di più a stampa: occorrerebbe l'oscillogramma della ripresa microfonica o, come primo ripiego (abbastanza valido), lo stenogramma della ripresa stenografica, o infine, come ultima spiaggia, un'autografia in scrittura ordinaria.

Per questi motivi, e per cercare di capire "bene" il concetto di omogeneità del maestro ginevrino, sarebbe prezioso, a mio giudizio, poter far esaminare da esperti di "meccanica grafica" (qualche sopravvissuto stenografo, meglio se tedesco), gli stenogrammi di cui sopra.

La ringrazio della disponibilità a inviarmi le Sue pagine su FENESTRA e TANK: non occorre perchè le ho già, ed in ogni caso, non dimentichi, chiarissimo professore, che io non sono uno specialista della Sua materia (mi occupo di telegrafia e di Morse fonetico).

Mi fa piacere che Lei - purtroppo uno dei pochissimi - abbia in "massima stima" il nome di Mario Lucidi, mentre sono sinceramente dispiaciuto per i problemi, mi auguro passeggeri, della Sua salute.

Rinnovando la mia stima e i miei ringraziamenti, La ossequio. Andrea Gaeta

 

P. S. - Mi perdoni se pubblicizzo, nell'ambito delle mie possibilità, questa lettera che io reputo importante.

 

 

DB 15 – 10.3.2002 – Email da René Amacker

Egregio Signore,

trovo i suoi vari messaggi al ritorno dall'estero. Per dirGliela francamente, non credo affatto che le differenze da Lei osservate tra le edizioni siano significative nella prospettiva di Saussure. L'unica fonte accessibile, al riguardo, si trova (immagino) ancora nelle carte depositate alla Bibliothèque Publique et Universitaire di Ginevra.

Ma, visti i miei impegni di ogni genere, confesso di non poter ne voler andare io a cercare qualcosa che, ripeto, non mi sembra pertinente alla ricerca saussuriana. 

Cordiali saluti. René Amacker

 

 

DB 16 – 12.3.2002 – Email ad Amacker (e altri)

Chiarissimo Professor Amacker,

La ringrazio della franchezza e dell’informazione insperata che, forse, quanto cerco potrebbe trovarsi in una pubblica biblioteca di Ginevra.

Mi limito a poche righe per combattere la Sua opinione circa l’irrilevanza delle mie osservazioni, rimandandoLa, se crede, alle carte della “Querelle BARBAROS” che ho inserito nel lavoro di Meccanica grafica che ho in corso e che è disponibile al mio sito www.bitnick.it (sezione Atomi on line, indi AG 11).

Le metto sott’occhio qualcuna delle parole, o con termine forse più appropriato, alcuni diagrammi incriminati:

 

 Bally 1916

 Bally 1922

 Engler 1967

 De Mauro 1974 (ediz. francese)

  De Mauro 1976 (ediz. italiana)

 

Questi diagrammi sono a tutti gli effetti delle “figure” messe, come in tutti i libri scientifici, a chiarimento del testo, testo che nel nostro caso incontestabilmente dice che la catena acustica non si divide in tempi uguali (bensì omogenei).

A questo punto mi sembra ragionevole, o quanto meno non “disprezzabile”, il ragionamento seguente. I primi lettori del Cours (ammesso che ne abbia avuti!) avranno recepito il concetto di cui sopra aiutati (una figura vale più di mille parole!) dal disegno a segmenti intenzionalmente diseguali. I lettori moderni invece, peraltro più numerosi, non traggono alcun aiuto dal diagramma erroneamente equalizzato, che anzi contribuisce a confondere le idee e ad aumentare le non poche difficoltà del testo.

Mi permetto infine, chiarissimo professore, di accennare al fatto che io i diagrammi in questione li vedo o li ho visti con l’occhio del “telegrafista” che leggeva, mettiamo, la striscia di carta o “zona” del telegrafo stampante Hughes, aggiungendo che tale macchina poteva presentare analogie (svio o derangement, srotolio, asincronismi, errata riproduzione delle doppie, ecc.) singolarmente collimanti con quanto Saussure va dicendo in questo luogo (un ottimo punto di partenza per ricerche in questo settore sono gli ottocenteschi Annales télégraphiques o, in italiano, i trattati di telegrafia di Carlo Matteucci).

Ma, concludo, basta la competenza di un qualsiasi studente ginnasiale che conosca diagrammi cartesiani e assi dei tempi per sapere che a spazi uguali corrispondono tempi uguali.

Rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

 

DB 17 – 18.3.2002 – Quinta email a Cristina Vallini

Gentilissima Vallini,

ritrovo tra le mie carte una lettera a Lei diretta, datata Roma 21.1.1992, che ritengo forse proficuo, approfittando dei prodigi della posta elettronica, reinviarLe. A ruota allego anche, repetita iuvant, il documento DB 16.

Distinti saluti. Andrea Gaeta

 

Chiar.ma prof.ssa Cristina Vallini,

da molti anni mi occupo di Mario Lucidi e delle sue scoperte di prosodia.

Da vaghissime testimonianze da me raccolte egli dovrebbe aver avuto una allieva molto preparata, di cui so soltanto che, verso la fine degli anni 50, era stata trasferita da Roma a Napoli. Leggendo il Suo lavoro sulla scrittura nel pensiero di De Saussure mi era venuto il sospetto che potesse essere Lei tale allieva, ma il prof. Santamaria lo ha escluso per motivi di età. Peccato, perchè parecchie Sue idee, estremamente interessanti, mi ricordano un po’ quelle di Lucidi.

La contatto ugualmente però, perchè vorrei cortesemente chiederLe, data la Sua grande competenza in materia, se esistono dei luoghi in cui Saussure fa riferimento alla registrazione meccanica della parola (fonografi di Edison, Berliner, ecc.).

Distinti saluti e grazie. Andrea Gaeta

 

 

DB 18 – 19.3.2002 – Terza email a Rudolf Engler

Chiarissimo prof. Engler,

secondo Amacker gli stenoscritti che cerco non sono smarriti ma potrebbero essere nella Bibliothèque Publique et Universitaire di Ginevra. Lei che ne pensa?

Inoltre, a prescindere dal ritrovamento di queste carte, vuole essere così cortese da darmi il Suo parere sulle mie osservazioni su BARBAROS, meglio precisate nella lettera seguente? (vedi DB 16)

Rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

DB 19 – 24.5.2002 – Seconda email a Simon Bouquet

Chiarissimo Professor Bouquet,

il 26.2.2002 Le scrivevo per suggerimento del prof. Lepschy. Non credo di avere ricevuto alcuna risposta e quindi mi permetto di rinnovare la mia richiesta della fotocopia della ripresa stenografica del passo di Saussure menzionato nella seguente lettera (vedi DB 16). In calce aggiungo anche un'altra lettera circolare, relativa ad una mia invenzione (Bitnick).

Grazie. Rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

 

DB 20 – 24.5.2002 – Prima email da Simon Bouquet

Cher Andrea Gaeta,

pouvez-vous me préciser - brièvement et en français - votre demande? Je suis en ce moment très souvent en voyage et je n'ai apparemment pas reçu votre dernier message. Si je peux vous aider, je le ferai volontiers.

Très cordialement. Simon Bouquet

PS - Je ne peux pas lire vos fichiers attachés sur mon vieil ordinateur...

 

 

DB 21 – 24.5.2002 – Terza email a Simon Bouquet

Chiarissimo Prof. Bouquet,

La ringrazio del riscontro. Non conosco la lingua francese al punto da poter affrontare la complessa “Querelle Barbaros” inserita nel mio sito www.bitnick.it.

Forse, per la traduzione, potrebbe farsi aiutare dai Prof. Amacker o De Mauro.

Rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

DB 22 – 25.5.2002 – Seconda email a Giulio Lepschy

Chiarissimo Prof. Lepschy,

dopo tre mesi ho avuto una risposta da Bouquet. Non credo che abbia capito molto della mia richiesta sia perchè non conosce l'italiano sia perchè ha un computer vecchio. Forse Lei, cortesemente, potrebbe fare da tramite.

Nel ringraziarLa Le porgo rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

P.S. - La "Querelle Barbaros" si trova a questo link.

 

DB 23 – 25.5.2002 – Seconda email da Giulio Lepschy

  Caro Gaeta,

mah, veramente non lo conosco abbastanza per fare da tramite; e poi forse se tergiversa, e ha anche problemi linguistici, non conviene insistere...

           Con i migliori saluti. Giulio Lepschy

 

DB 24 – 26.5.2002 – Terza email a Giulio Lepschy

Chiarissimo Professor Lepschy,

forse ha ragione, è inutile insistere. Però, mi perdoni, con Lei insisto.

Alle risposte (e ai silenzi) diciamo “ufficiali” che si leggono al linkQuerelle Barbaros” desidero aggiungere la sbrigativa (e sorprendente!) risposta datami recentemente dal prof. Albano Leoni, dell’Università di Napoli: Lui non ha titolo per pronunciarsi su queste cose di alta filologia!

Ecco, almeno Lei, caro Prof. Lepschy, mi può dire qualcosa sulle mie osservazioni che, pur non essendo di alta filologia, potrebbero forse quanto meno essere sufficienti a guadagnarsi una carriera?

Nel ringraziarLa porgo i miei rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

P. S. – Incollo, per conoscenza, due lettere pregresse che, dato il carattere privato, escludo dalla pubblicazione on line.

 

BD 25 – 27.5.2002 – Seconda email di Simon Bouquet

           Cher Andrea Gaeta,

je n'ai pas sous la main la copie des manuscrits. Le mieux serait que vous consultiez la Bibliothèque Publique et Universitaire de Genève; téléphone: 418 28 00 ; département des maniscrits : 418 28 11; fax 418 28 01.

           Bien cordialement. Simon Bouquet

 

BD 26 – 27.5.2002 – Terza email di Giulio Lepschy

           Caro Andrea Gaeta,

ho qualche difficoltà a risponderle: non conosco il suo lavoro; non ho tempo e modo di studiare la documentazione a cui accenna (tra l'altro ho un computer antidiluviano, che fatica a leggere messaggi in www); capisco poco o niente di questioni di informatica; non ho conoscenze alla BBC (né alla RAI).

Mi dispiace darle una risposta così negativa: mi sento inadeguato, e non sono veramente la persona adatta o capace per aiutarla.

           Mi scusi, e gradisca i miei migliori saluti ed auguri. Giulio Lepschy

 

BD 27 – 28.5.2002 – Prima email a Daniele Gambarara

Chiarissimo Professor Gambarara,

trovo in rete un suo indirizzo email e sperando che sia quello giusto le reinvio la segnalazione dei miei studi di "alta filologia saussuriana", a detta del prof. Albano Leoni (?), raccolti alla pagina Querelle Barbaros del mio sito www.bitnick.it.

Le sarò grato di un commento, anche informale.

Rispettosi ossequi. Andrea Gaeta

 

N. B. - Il link Querelle Barbaros è aggiornato a oggi e include anche questa email.

 

 

DB 28 – 15.9.2002 - Email circolare “Manoscrittura 2

Facendo seguito al primo comunicato (vedi DB 2) desidero informare gli eventuali interessati che la stesura dell’opuscolo sulla Meccanica grafica (AG 11), annunciato per lo scorso marzo, ha subito una battuta di arresto (di ben otto mesi) per i seguenti motivi:

1 - imprevista “Querelle barbaros”;

2 - totale disinteresse dei linguisti, forse legittimo considerato che la materia riguarda l’aspetto fisico e fisiologico della scrittura e che ha carattere di rassegna e non di lavoro originale;

3 - pubblicazione del fascicolo sul cronoscopio di Hipp (AG 12), che ho ritenuto propedeutico a questo sulla scrittura.

Pur avendo in cantiere lavori più impegnativi, considerato che il materiale è già pronto, confido di assemblare il fascicolo AG 11 e pubblicarlo quanto prima. Con l’occasione rinnovo la preghiera della foto del leggio di Colucci (1914) in Galdo L., L'istituto di psicologia sperimentale della R. Università di Napoli, Napoli, 1936.

Grazie. Andrea Gaeta

 

DB 29 – 2.12.2003 – Email a Daniele Gambarara (e p. c. a Francesco Pariset)

Chiarissimo Gambarara,

Le scrivo in merito alla ripresa stenografica del Cours di De Saussure.

Poiché, purtroppo, circostanze contingenti – due scoperte (sulla tensività articolatoria di Lucidi e sulla pressività Morse di Gaeta), una invenzione (Bitnick) e, soprattutto, dei rapporti non proprio idilliaci, come Lei sa, tra il sottoscritto e il professor De Mauro – fanno sì che questo argomento travalichi l’ambito della sua naturale sede puramente scientifica sono costretto a fare alcune sintetiche premesse.

Prima. Contando sulla Sua discrezione allego una lettera riservata recentemente inviata (11.10.2003) al prof. Gamaleri, nella speranza che Lei non si perda nel groviglio dei rimandi e sappia invece leggere tra le righe il palese messaggio indirettamente inviato a De Mauro.

Seconda. Allego anche, per Sua conoscenza, una lettera in bozza al Presidente Pera, già fatta avere al De Mauro e per ora senza alcuna risposta.

Terza. Per comprensibili motivi di opportunità La prego di considerare provvisoriamente riservata anche questa lettera, che non invio neanche al codestinatario Dott. Pariset. Nel caso che Lei, immotivatamente, ritenga di non dar seguito alla preghiera che mi accingo a rivolgerLe questa lettera diventerà automaticamente pubblica in una nuova sezione ad hoc (Lucidi News) del mio sito internet.

Ciò premesso vengo al dunque, e cioè alla “Querelle Barbaros” inserita nel mio lavoro inedito (ma vedi questo link) sulla Meccanica grafica e di cui Lei, forse, ha memoria. Anni fa ebbi una cordiale conversazione col Dott. Pariset, dirigente del Servizio stenografico al Parlamento italiano, il quale, tra molte altre cose, mi disse che leggendo il Cours di Saussure vi aveva percepito “odore di stenografia”. Successivamente, come dico (e ricorderò meglio) nel lavoro citato, appuntai la mia attenzione di “telegrafista” sui presumibili errori della sequenza morfosintattica barbaros.

Quello che Le chiedo, caro Gambarara, è soltanto di aiutarmi a procurare una fotocopia della raccolta stenografica di questo passo cruciale del Cours che, stando a quanto dettomi da alcuni (più o meno infastiditi e/o interessati) accademici, dovrebbe/potrebbe trovarsi in una pubblica biblioteca di Ginevra. Come Lei e De Mauro sapete (ma forse non Amacker, Engler, Lepschy, Bouquet) io non sono né linguista né stenografo e per di più non sono in grado di esprimermi in francese, quindi non saprei come muovermi in questa delicata ricerca. Le mie competenze, al massimo, si limitano alla lingua telegrafica e a qualche lavoro di Mario Lucidi che ho avuto la ventura di studiare. Nel ringraziarLa della cortesia che vorrà usarmi

La saluto cordialmente. Andrea Gaeta

P.S. - Invio solo per email e La pregherei quindi di conferma di avvenuta ricezione.

 

DB 30 – 22.3.2004 – Lettera aperta a Lepschy (vedi MO 12)

Chiarissimo Prof. Lepschy,

capisco perfettamente che sul Morse Lei non può dirmi molto, ma poiché Lei ha commesso l’“errore” di rispondere a un “presunto” rompiscatole, ecco che il rompiscatole abusa di questo dito che Lei, cortesemente e civilmente, gli ha porto per prendersi …tutto il braccio.

Il mio problema, il mio dramma, caro Prof. Lepschy, è ingarbugliato e delicatissimo. Solo il prof. De Mauro potrebbe scioglierlo, ma non posso rivolgermi direttamente a lui, almeno non prima di esser certo sul “tono” da usare.

Sono un reietto, un emarginato oppure semplicemente, patologicamente, mi credo tale? Gli accademici italiani tacciono o mi pregano di depennarli dalla mia lista (Canepari, Albano Leoni, De Dominicis, Sebastiani, Cornacchia) perché non interessati o perché imbarazzati e infastiditi da uno studioso scomodo, come Lucidi, come Buccola e chissà quanti altri?

Taglio corto. Lo scopo di questa lettera è duplice: scientifico e diplomatico.

Leggendo il lavoro della Garavelli (vedi allegati) ho avuto la felice sorpresa di appurare che anche Lei si occupa di interpunzione, quindi i miei lavori scientifici sulla diciamo “interpunzione” Morse (sperimentali e in corso, preciso) non dovrebbero esserLe del tutto ostici ed anzi dovrebbero costituire uno dei tanti biglietti da visita (un altro è la faccenda del saussuriano barbaros) per far prendere in considerazione il sottoscritto. Leggendo il lavoro della Truss invece mi sono accorto che l’inglese tecnico, su cui sono abituato a cavarmela, è una cosa, mentre l’inglese letterario (quello della Truss) è ben altro e io non sono in grado di leggerlo (e ancor meno i traduttori automatici…).

Più delicata è la faccenda diplomatica. Se lei – e i pochi codestinatari di questa email, interessati in prima persona o per qualche aspetto – avete la compiacenza di leggere la selezione di lettere che mi sono permesso di allegare, avrete credo un quadro chiaro dei miei rapporti …non chiari con De Mauro.

Si tratta infatti di far chiarezza: io ho bisogno di sapere, con chiarezza e con certezza, se De Mauro vuole o non vuole parlare con me. Tutto lascia intendere di no, ma non vorrei che poi venga fuori che mi sono sbagliato, che si trattava di malintesi, ecc. Con internet non si può ignorare o far finta di non sapere o non rispondere. Io desidero chiarezza. Se De Mauro non vuol parlare con me, perché si ritiene offeso o per altro, che me lo dica, in modo che io possa agire di conseguenza.

Ecco, paziente prof. Lepschy, la preghiera che io – se mi consente nel nome di Lucidi – oso rivolgerLe è quella di fare da ponte radio con De Mauro e farmi avere una risposta “disambiguata”.

Grazie e cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

P.S. – Non mando questa email a De Mauro semplicemente perché non ne conosco l’indirizzo di posta elettronica. Spero che qualcuno di Voi gliela inoltri.

 

DB 31 – 8.5.2004 – Prima email da Daniele Gambarara

Caro Gaeta,

mi scusi innanzitutto il ritardo: i viaggi continui fanno sì che io sia diventato un pessimo corrispondente.

Allora, questione BARBAROS in Saussure. Nel ricco Dossier che lei ha raccolto, le indicazioni più precise sono state date dal compianto Engler. A pag. 64 di CLG 1922 c’è effettivamente BARBAROS collocato su una linea con trattini verticali. Nelle fonti manoscritte (pag. 103 dell’edizione Engler), c’è invece FENESTRA sotto (e non sopra) una linea con tratti verticali. Le lezioni vengono dal III corso: Engler pubblica i passi corrispondenti dai quaderni di appunti di Dégallier e di Joseph.

I quaderni sono non stenografati, ma in chiaro, e sono conservati nella Biblioteca Pubblica e Universitaria di Ginevra dove qualunque studioso può prenderne visione. Non abbiamo però corrispondenze a questo passo nei quaderni di Constantin – il più fidato – e soprattutto non nelle note autografe di Saussure, che sono le uniche che potrebbero risolvere la questione della forma precisa dello schema. Il passo più vicino a questo di cui conserviamo appunti di Saussure è quello alle pagg. 325-327 degli Ecrits de linguistique générale (Parigi 2002), in cui sono riprodotti alcuni degli schemi autografi di Saussure, ma non quello di cui ci stiamo occupando.

Il discorso di Saussure in questo passo è chiaro. Ciò che gli interessa qui è il riconoscimento delle unità della catena fonica in base alle loro differenze; in quanto differenti tra loro, ciascuna rappresenta un tempo omogeneo (indipendentemente dalla sua durata).

La più ampia e interessante riflessione di Saussure sulla fonetica è contenuta in un manoscritto autografo conservato ad Harvard, e splendidamente pubblicato da Maria Pia Marchese, Phonétique (Firenze 1995). In esso la complessità delle unità fonetiche tra fenomeno articolatorio e fenomeno acustico, e soprattutto il loro rapporto col tempo, in cui si succedono senza cancellarsi, sono discussi a fondo, e Saussure tenta diversi schemi (ad es. a pag. 75, e la ricerca di una rappresentazione tridimensionale a pagg. 152-153).

Una nota sulla stenografia. A mia conoscenza Saussure non la discute mai, e questo è strano perché da giovane l’aveva praticata: si conserva a Ginevra un quaderno in cui aveva stenografato le lezioni di Curtius quando ne era studente a Lipsia.

Approfitto dell’occasione per dirle che ho trovato molto interessante l’articolo sul Morse (vedi MO 13) che mi ha inviato. Mi sembra che ne emerga una possibilità analoga a quella che la grafologia (più ancora che la paleografia) ritrova sulla scrittura, non solo di distinguere diverse “mani”, ma anche di riconoscere dal ductusarticolatorio e acustico, più che scritto – gli stati emotivi dello scrivente (nel nostro caso del telegrafista). Un’altra convergenza con la fonetica, che forse ci apre una visione sul linguaggio in generale. Ma lei, nella prospettiva di Lucidi, riuscirà a vedervi ancora di più.

La saluto cordialmente. Daniele Gambarara

 

DB 32 – 4.6.2004 – Email di Gaeta

Caro Gambarara,

sia pure con ritardo desidero ringraziarLa, anche pubblicamente, della dottissima ed esaustiva risposta e, in particolare, della segnalazione del lavoro di Marchese, che non conoscevo. Le confesso che i Suoi apprezzamenti ed auguri per le mie ricerche su Lucidi e su Morse mi hanno inorgoglito e spronato al lavoro, tanto che ormai ho quasi pronta la monografia sulla lingua telegrafica, lavoro che, come già ho avuto modo di accennarLe, prende le mosse dal recentissimo saggio di Belardi sulla voce articolata (vedi FO 1).

Non mi è chiaro se Lei è materialmente in possesso della pagina dei quaderni (di Dégallier e Joseph) con l’esempio “BARBAROS” che a me interessa, a prescindere dall’essere contenuto in un brano stenografato o meno, per analizzarlo in chiave “telegrafica” (o, se preferisce, diacronica). Se così fosse potrebbe avere la squisitezza di favorirmela?

Grazie. Cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

DB 33 – 14.7.2004

Nel corso di un proficuo colloquio il Gambarara, se non ho capito male, promette un fattivo interessamento sia per procurare la fotocopia, sia soprattutto per revisionarmi l’imminente lavoro “Telegrafia e Lingua” (vedi AG 14 e, soprattutto, MO 64).

 

DB 34 – 11.10.05 – “Sotto silenzio(vedi LU 86)

Se fosse vero che De Mauro l’ha preso di punta allora lei, Gaeta, avrebbe chiuso”. Con questa frase, per lui incredula e per me sibillina, mi congedò Riccardo Luccio, al termine di una lunga e cordiale conversazione a Firenze, giusto tre anni fa (9.10.02).

L’accoglienza non dirò “ostile”, né “fredda”, ma semplicemente “assente” delle mie recenti pubblicazioni scientifiche (AG 12, AG 13, AG 14, AG 15 e AG 16) mi ha chiarito il significato del termine “chiusura”. Significa semplicemente che quello che io scrivo, foss’anche una nuova teoria della relatività!, non esiste, non viene preso in considerazione, passa del tutto sotto silenzio, unsaid.

Non si tratta di complotti o congiure, ma di mancanza di “protettorato” scientifico (se non vera e propria mafia accademica): se non si hanno santi in paradiso, pensa saggiamente il popolo, non si va avanti!

Molti hanno riso di queste mie parole, alcuni hanno il pudore di tacere, pochi, per fortuna, si indignano.

 

DB 35 – 16.12.05  – “Il carattere laminare del significante(vedi BU 76)

 

 

 

Il significante, essendo di natura auditiva, si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal tempo:

a) rappresenta una estensione,

b) tale estensione è misurabile in una sola dimensione: è una linea.

Questo principio è evidente, ma sembra che ci si sia sempre dimenticati di enunziarlo, senza dubbio perché lo si è trovato troppo semplice: tuttavia esso è fondamentale e le sue conseguenze sono incalcolabili. La sua importanza è pari a quella della prima legge. Tutto il meccanismo della lingua ne dipende. In opposizione ai significanti visivi (segnali marittimi, ecc.) che possono offrire complicazioni simultanee su più dimensioni, i significanti acustici non dispongono che della linea del tempo; i loro elementi si presentano l’uno dopo l’altro; formano una catena. Tale carattere appare immediatamente non appena li si rappresenti con la scrittura e si sostituisca la linea spaziale dei segni grafici alla successione nel tempo.

In certi casi ciò non appare con evidenza. Se per esempio accento una sillaba, sembra che accumuli sullo stesso punto degli elementi significativi diversi. Ma è un’illusione: la sillaba e il suo accento non costituiscono che un atto fonatorio; non vi è dualità all’interno di questo atto, ma soltanto opposizione diverse con ciò che è accanto.

Ferdinand De Saussure

 

Questa descrizione del celebre secondo principio di Saussure sul “carattere lineare del significante” (traduzione De Mauro, corsivi Gaeta), quanto mai chiara, lo diviene ancora di più sostituendo il termine “lineare” con quello più tecnico di “laminare” (in opposizione a “turbolento”, vedi BU 68).

Consideriamo il segnale fonico come simboleggiato dalla traiettoria di una particella d’acqua in un tubo (fonatorio o portavoce). In virtù di quell’impulso naturale che ci spinge a rendere con immagini imitative i vari fenomeni che colpiscono i nostri sensi (Kussmaul), possiamo “fissare” questa traiettoria su un diagramma cartesiano. Anche se in ascisse mettiamo il “tempo”, in realtà, e con tutta evidenza, questa linea sinuosa, si badi, non rappresenta che un grafico, un disegno, una scrittura (vedi immagine).

Ora, mentre con il senso della vista si abbraccia “a colpo d’occhio”, istantaneamente, la forma della linea, in questo caso la forma d’onda; con il senso dell’udito invece l’onda non si coglie tutta in una volta, ma consecutivamente, perché l’orecchio “sente” la forma per impulsi successivi. Anche se questo concetto è assolutamente elementare, ritengo proficuo riportare le parole con cui Galileo Ferraris lo descrive nella famosa conferenza “Sul telefono di Graham Bell” del 2 febbraio 1878: L’orecchio è nelle condizioni di un occhio a cui si presentassero una dopo l’altra le ordinate dei diversi punti della linea rappresentatrice dell’onda, come accadrebbe quando il foglio, su cui la linea è disegnata, fosse coperto da un altro foglio opaco, in cui fosse una strettissima fessura parallela all’asse delle ordinate, e si facesse scorrere dietro a questo parallelamente all’asse delle ascisse, cosicché l’occhio vedesse successivamente le porzioncelle della linea, che vengono passando dietro alla fessura. Nella figura ho esemplificato due fessure o finestrelle che lasciano “vedere” le porzioncelle o “bollicine” di segnale che sarebbero “sentite” dall’orecchio agli istanti 1 e 2.

Rimandando a Vallini (vedi Fonti on line) per i fondamentali commenti al brano di Saussure (omogeneità tempo, consécution, catena fonica, ecc.) e a Gaeta (vedi AG 11) per la connessa querelle “barbaros”, qui mi limito ad osservare che il carattere “estensionale” del tempo propriamente è conservato solo nella lucidiana o iposemica pronuncia “estensa”, nella quale il significante si svolge “per intero”, si srotola, si dispiega o meglio ancora si “distende” come un lenzuolo, cioè laminarmente. La pronuncia “intensa” invece è vorticosa, in pratica un rumore che presenta “complicazioni simultanee su più dimensioni”. Di questa non si può né prevedere, né ricostruire, né ripetere la “cronistoria”, della prima invece sì.

In altri termini il carattere diacronico, cronotopico (processo verbale, repetizione, ricapitolazione, ecc.) è connesso alla memoria uditiva, o più esattamente alla buccoliana “memoria organica”; mentre invece il carattere sincronico, semantico è connesso alla memoria visiva (attenzione, “occhio della mente”, ecc.).

 

 

DB 36 – 1.1.2006 – “L’iposema De Mauro (vedi GA 1)

Negli ultimi tempi col De Mauro mi sono ripetutamente “scusato”, oggi farò ben di più: lo “ringrazierò”.

***

Come qualcuno mi ha fatto osservare la mia produzione scientifica difetta di sistematicità, è disseminata in brevi e numerose News (circa 400, allo stato) e in pochi opuscoli (Gli Atomi) di poco più organici ma, soprattutto, è minata dall’infinità di polemiche donchisciottescamente condotte contro l’indifferenza generale da me patologicamente antropomorfizzata nell’incolpevole Tullio De Mauro. Quindi le mie pagine più significative, emendate delle polemiche e dei troppi riferimenti personali, si dovranno un giorno raccogliere, raccordare e “organare” in “testo”, usando come principale filo di Arianna la loro cronologia. Anche a tal fine d’ora in avanti i miei contributi cercheranno di essere meno sparuti e appariranno in un’unica e nuova sezione (Gaeta News).

Riallacciandomi, in particolare, alle recenti pagine del virus semantico e della terza lettera a Sprini, è giocoforza però convenire che le polemiche non sono del tutto sterili, anzi sono un prerequisito per qualsiasi conquista scientifica – con parole del Pigliacampo potremmo addirittura aggiungere “Guai se qualcuno non si opponesse alle nostre teorie, sarebbe la fine del progresso!”. In linguistica, in particolare, la polemica, il contrasto, la lotta delle idee devono essere assolutamente di casa, perché – lo abbiamo sviscerato da tempo – lo sgusciante “sema” o “significato” altro non è che disturbo, virus, rumore, mentre il lucidianoiposema” è l’appianamento e il superamento di queste difficoltà, la guarigione di questa malattia, la regolarizzazione, regolamentazione o “tecnificazione” (vedi AG 16) di questo inestricabile groviglio e intoppo semantico. In altri termini per capire l’iposema le diatribe personali feconde di equivoci e persino i “gossip” si rivelano didattici, ovviamente a condizione che ce ne si emancipi presto e si buttino a mare una volta estrapolatane la teoria e svelatane la “dottrina”.

Nel 2003 scrivevo che “l’atteggiamento di De Mauro ai miei occhi è sempre stato quello di una sfinge abbottonatissima e dopo venti anni credo di averne risolto solo in parte il mistero” (vedi AG 13), oggi il suo “enigma”, anzi il suo “fascino” o il suo “carisma”, mi sono chiarissimi. In lui non ci sono né le ipocrisie nei miei confronti, né i rimorsi verso Lucidi da me farneticati: De Mauro, semplicemente, svolge il suo ruolo, la cui “compitezza” non gli consente di dire o ammettere, per esempio, “queste cose non le ho seguite, non le so, non me le ricordo, non voglio pronunziarmi, non mi interessano oppure “secondo me Lucidi azzardava delle intuizioni che io non condivido perché non sono sperimentabili”. Non volendo, e forse non potendo dire questo (a differenza, per esempio, del Belardi), egli si nasconde dietro una maschera di snobismo, disinteresse e superiorità. Sentendomi un “innamorato respinto” e abbagliato dal contrasto con il primitivo (del 1985) apertissimo e genuino atteggiamento nei miei confronti, ho malauguratamente e disastrosamente travisato la sua successiva politica del silenzio e la sua perdurante “sfingità”.

Ho capito, in sostanza, che De Mauro non è né il capro espiatorio né la predetta “antropomorfizzazione” dell’indifferenza generale verso le mie cose (Bitnick, scoperte di Lucidi e Buccola, telelinguistica, storia della psicologia, telegrafia, ecc.), ma, al contrario, è la personificazione dell’iposema. Quando egli, dinanzi ai miei scritti, “non dice niente”, non lo fa per disdegno o per disprezzo, ma liiposemizza”, cioè li prende per quello che essi oggettivamente sono: pura e semplice “scrittura”, cioè – come anche da lui stesso teorizzato nella celeberrima conferenza Tra Thamus e Theuth – una cosa morta e inerte. Questa “iposemizzazione” tecnicamente consiste nell’eliminare il “valore” delle parole, vale a dire nel desemantizzarle, nel non entrare nel loro “merito”. Alla luce di queste considerazioni il sottotitolo L’inerzia di De Mauro, per esasperazione, provocazione o forse prevaricazione, da me apposto al mio ultimo Atomo sull’iposema di Lucidi (AG 16), si attaglia al tema ben di più che nelle intenzioni lì dichiarate: la persona del De Mauro e il suo silenzio – non sdegnoso, ripeto, ma tecnico, linguistico – si rivelano esemplarmente funzionali a far comprendere l’essenza e il carattere smorto o vegetativo dell’iposema.

Approfondire ulteriormente i rapporti tra iposema e sema, significante e significato, effetto Lucidi (permutabilità di questi due stati della lingua), ecc. esulerebbe alquanto dallo scopo di questa News, che, come già anticipato, è quello di ringraziare il De Mauro del mio tardivo, epperò convintissimo, “ravvedimento” e della tacita lezione non solo di linguistica, ma anche, e forse soprattutto, di vita, di comportamento di cui gli sono debitore. Mi limiterò quindi solo ad accennare che l’iposema, di per sé inerte, ha però la mirabolante facoltà di far nascere, o rinascere, il sema nella testa del lettore.

Mi pare di ricordare di aver visto, tantissimi anni fa, in tempi non sospetti, pubblicata in un quotidiano una caricatura del De Mauro raffigurato come una sfinge. Se così fosse, e se qualcuno me la favorisse, sarebbe alquanto simpatico, presumo anche per l’interessato, sostituirla alla foto di questa News.

DB 37 – 3.3.2006 – “Il suono immaginario(vedi GA 37)

 

 

Non solo noi ci costruiamo nella nostra mente “fantasmi” visivi del mondo esterno (vedi GA 15), ma ci costruiamo anche “immagini” sonore. Questo concetto è assolutamente elementare, ma riesce ostico – e mina dalle fondamenta, come inizieremo a vedere dalla prossima News, tutto l’edificio della linguistica saussuriana – a causa dell’errata convinzione, che Ronchi chiama “ipotesi clandestina”, che il “suono” sia un fenomeno fisico esterno e indipendente dall’osservatore, e localizzato nel corpo vibrante che lo ha emesso, ad esempio l’aereo del disegno (V. Ronchi, Sui fondamenti dell’acustica e dell’ottica, Olschki, Firenze 1967, pag. 152 ÷ 154).

A tutti sarà capitato di udire il rombo di un reattore che passa 10 km sopra la nostra testa. Guardando però nella direzione da cui proviene il “suono” non vediamo niente, mentre invece vediamo un silenziosissimo aereo 10 km più avanti. In genere ci si contenta dell’ovvia spiegazione che nel tempo (in questo caso circa 30 sec) che il “suono” impiega ad arrivare al nostro orecchio, anzi alla nostra psiche, l’aereo ha già percorso 10 km. A ben riflettere, e leggendo con attenzione almeno le poche righe del Ronchi riportate in calce, non si può però non convenire che fuori di noi non esiste alcun “suono e che di “suono” si può iniziare a parlare solo quando gli eccitamenti esterni arrivano al nostro cervello.

Se la citata “ipotesi clandestina” non avesse ingenerato la convinzione che il suono è un fenomeno obbiettivo, esterno, non si direbbe “la campana suona”, ma “la campana vibra e io la sento suonare”. O almeno si direbbe soltanto “io sento suonare la campana”. Quante liti sarebbero evitate se invece di affermare, come avviene spesso nelle discussioni, “tu hai detto questo”, uno fosse più preciso e dicesse: “io ho sentito che tu hai detto questo”! Sembra una sfumatura, ma la differenza tra le due affermazioni è enorme (Ronchi, loc. cit.).

E niente affatto banale, mi permetto di aggiungere, a beneficio, per esempio, dell’amico Di Trocchio (vedi il post scriptum in calce alla BU 71).

 

 

 

DB 38 – 5.3.2006 – “L’immagine acustica(vedi GA 38)

 

 

Le mie News si aprono sempre con una immagine, ovviamente “visiva”, che illustra e sintetizza quanto è scritto nell’articolo. Per questa News, che concerne la descrizione di una “immagine” particolare – sui generis e particolarmente ostica – e cioè l’immagine “acustica”, non potendo ovviamente usare nessuna “figura” potrei e forse dovrei inserire un file audio che automaticamente all’apertura della pagina, o con un semplice clic, riproduca una parola, una musica o un rumore qualsiasi. Questa soluzione però l’ho scartata, non tanto per le difficoltà tecniche, peraltro superabilissime, ma perché, per il nostro assunto basta e avanza, anzi è più “didattico” utilizzare come “immagini acustiche” gli stessi caratteri con cui è composto il presente testo.

Nella scrittura infatti, si badi molto bene, c’è un “segreto”, che è semplicemente questo: per coloro che non conoscono la lingua i caratteri sono “arabo”, cioè immagini “visive” (statiche) o disegnetti che, al massimo, si possono “riconoscere” – se si erano memorizzati in precedenza (come, ad esempio, nel caso dei loghi e delle firme) – ma non certo “leggere”; invece coloro che “conoscono” la lingua (ad esempio l’italiano), a cominciare dai suoi grafemi e dai corrispondenti fonemi, e la sanno “leggere” (come chi in questo momento sta scorrendo queste righe!), non vedranno immagini “visive” fissate nello spazio, ma, per così dire, “sentiranno” immagini “acustiche” svolgentesi nel tempo. E più esattamente: l’immagine acustica sarà “reale” quando si ascolta la lettura altrui o si legge ad alta voce, mentre sarà “immaginaria” nel caso di lettura silente (linguaggio mentale o endofasico).

Tre categorie speciali di persone capiranno al volo questo basilare concetto di “immagine acustica”: i ciechi, i telegrafisti e gli analfabeti. I primi, per forza di cose, neanche sanno cosa sono le immagini visive e conoscono solo quelle acustiche (parole, musica, rumori…). I secondi, dopo aver buttato a mare l’alfabeto Morse scritto, comunicano solo oralmente – e non tanto in “lingua Morse”, ma in una variante della loro lingua nativa, nella quale hanno sostituito i fonemi tradizionali con i fonemi o “pattern acustici” Morse. Per gli illetterati e i “fanciullini”, infine, qualunque scrittura è una “lingua straniera”.

Il concetto di “immagine acustica” appena esposto può apparire semplice o banale, specie se non si ha dimestichezza con la buccoliana “legge del tempo”. Io l’ho maturato dopo anni e anni di profondi e sofferti studi sul Morse, su Lucidi, su Ronchi, su Binet (vedi BU 73), su Edison, ecc. e soprattutto su Buccola, lo scienziato, si badi, più avanti e più incompreso di tutti, di cui ricordo questa frase scultorea: “Il linguaggio nel suo schema fondamentale è costituito da imagini acustiche, sia di natura sensoria che motrice, cioè da imagini di eccitamenti sonori che entrano nel cervello per mezzo dell'udito e da imagini dei movimenti necessari alla formazione coordinata dei suoni” (vedi FO 9).

Assimilato il semplice concetto di “immagine acustica” lo useremo come una chiave per entrare, dalla porta principale, nel sacro tempio della linguistica generale. Nelle prossime News infatti affronteremo, gradualmente e senza troppa fatica, i principali passi salienti del noto CLG di Ferdinand De Saussure (vedi foto), cercando di bypassare i meandri in cui si sono cacciati e persi tutti i linguisti, a cominciare dal Benveniste (come ha genialmente avvertito Lucidi) e a finire col De Mauro (vedi foto).

Per il collage di apertura (visivo e “acustico” al contempo), che mette a raffronto la saussuriana segmentazione della catena fonica (tempi omogenei ma disuguali) con quella erroneamente recepita dai linguisti (tempi omogenei e uguali) rimando alla querelle BARBAROS (provvisoriamente inserita nel mio Atomo incompiuto AG 11) e a quanto diremo nel prosieguo.

 

 

DB 39 – 6.3.2006 – “Il cinematografo di Saussure (vedi GA 39)

 

 

Vi sono almeno due luoghi del CLG (pag. 32 e 64 dell’edizione francese del 1922 redatta da alcuni allievi) in cui Saussure accenna all’impossibilità di “fotografare” in tutti i dettagli l’atto della fonazione. “Se si potessero riprodurre mediante un film tutti i movimenti della bocca e della laringe che realizzano una catena di suoni (ad esempio BARBAROS, vedi GA 38) sarebbe impossibile scoprire delle suddivisioni in questa sequenza di movimenti articolatorii. Non si sa dove un suono comincia e dove un altro finisce”.  

Anche se è probabile che i moderni fonetisti o fonologisti (non tutti, presumo!) condividano queste limpide parole del padre della linguistica moderna, è più che certo che nell’ultimo secolo la scienza linguistica ha perseguito proprio l’obbiettivo opposto, e cioè la segmentazione della catena fonica, alla ricerca, per così dire, del “fonema perduto”. Abbagliati dalle sempre maggiori meraviglie dell’elettronica o dell’informatica gli scienziati lavorano infatti con l’ipotesi, più o meno “clandestina”, per dirla col Ronchi, che la tecnologia li possa condurre all’obbiettivo fallito da Saussure per carenza e inadeguatezza degli strumenti tecnici dei suoi tempi.

Le cose invece non stanno così, primo perché la segmentazione di cui sopra, come approfondiremo più avanti, avviene solo a livello psichico e Saussure sapeva benissimo che i movimenti fonatori sono talmente scomposti da sfuggire ad ogni tentativo di “trascrizione” (fonogrammi); secondo, perché al tempo in cui scrive Saussure (1897) la cinematografia scientifica, o meglio l’analisi “fotocronografica” era, già da circa venti anni, una realtà sufficientemente compiuta (vedi animazione).

Naturalmente non mi riferisco al cinema sonoro, né a quello muto dei fratelli Lumiere, ma ai pionieristici e ben noti (vedi in rete) lavori del Marey, del Muybridge o del nostro Majorana (Quirino, non Ettore!), che al Pantano di Lentini cinematografava la meccanica del volo delle anatre selvatiche.

 

DB 40 – 12.3.2006 – “L’ASR di Saussure (vedi GA 42)

 

   

 

 

2 – “Le sillabe che si articolano sono impressioni acustiche percepite dall’orecchio, ma i suoni non esisterebbero senza gli organi vocali” (CLG 1922, 23).

3 – “Non solo l’impressione prodotta sull’orecchio ci è data in modo altrettanto diretto dell’immagine motoria degli organi, ma è proprio essa, inoltre, che fa da base naturale a qualsiasi teoria” (CLG 1922, 63).

– “Finché si ha l’impressione di qualche cosa di omogeneo, il suono è unico” (CLG 1922, 64).

5 – “La catena acustica non si divide in tempi uguali, ma in tempi omogenei, caratterizzati dall’unità di impressione, ed è qui il punto di partenza naturale per lo studio fonologico” (CLG 1922, 64).

6 – “L’immagine acustica non è il suono materiale, cosa puramente fisica, ma la traccia psichica di questo suono, la rappresentazione che ce ne dà la testimonianza dei nostri sensi” (CLG 1922, 98).

 

Un esame minuzioso della segmentazione temporale (le stanghette verticali sull’asse dei tempi) della sequenza o catena (chaîne) fonica BARBAROS o FENESTRA del Saussure – o dei suoi editori, secondo il Gambarara (vedi MO 14) con quella recepita dal De Mauro (vedi GA 38) o dall’Engler  (vedi Edition critique CLG, 1967 e immagini qui sopra) è la prova più schiacciante, se mai ce ne fosse bisogno, dell’enorme e deprecabile caos esegetico esistente – da sempre, si badi – fra i linguisti e, nella fattispecie, della confusione tra “durata” e “omogeneità” (qualità di impressione) dei suoni.

Come si sa, e come io stesso ho da tempo sottolineato (vedi AG 9), il CLG è un libro particolare, che tutti riconoscono quasi “sacro” e studiano minuziosamente, ormai da un secolo, per penetrare le “rivelazioni” sull’essenza della lingua che contiene. L’esegesi però dà frutti parziali e solo “accademici”, perché i linguisti, in genere orientati verso la filosofia e l’esasperazione filologica (invece che verso la fisica o la fisiologia, per esempio), restano impaniati in problemi speculativi ed epistemologici che con la linguistica nulla hanno a che fare. Solo Lucidi, credo di poter dire, riuscì a liberarsi da tali pastoie extralinguistiche.

Dal canto loro gli ingegneri e gli scienziati diciamo “positivi”, comunicano male con i linguisti “filologi ad oltranza”. Io, per esempio – vuoi per formazione e vuoi, soprattutto, per “limiti di età” – non sono riuscito ad impadronirmi del “linguaggio dei linguisti” e recentemente mi è accaduto di rammaricarmi con il Gambarara della mia inadeguatezza a leggere il lavoro della Marchesi sul Saussure che mi aveva consigliato, come pure ad approfondire gli scritti per me troppo specialistici del De Mauro (Introduzione alla semantica, 1965), del Bouquet (vedi in rete) o del Poole (vedi in rete) sull’arbitrarietà del segno. Nondimeno continuo a parlare di cose “della” lingua, anche se non “nella” lingua dei linguisti, e senza curarmi di ricostruzioni filologiche. E senza altri indugi passo subito al tema di questa News, utilizzando le sei brevi e pregnanti frasi che riporto qui sopra nel riquadro di intestazione (per la prima vedi GA 39) e che ho estrapolato dal CLG – testo dove, detto per inciso, si trova tutto e il contrario di tutto.

Il modo migliore per capire il pensiero di Saussure sulla ricerca dei “fonemi perduti” (vedi GA 39), anzi depositati nell’inconscio del parlante, è ricorrere al paragone del riconoscimento automatico del parlato (Automatic Speech Recognition o ASR) con programmi informatici ormai diffusissimi e affidabilissimi, come ad esempio il celebre Dragon Naturally Speaking che riconosce il parlato continuo con precisione quasi assoluta. Come già rilevato nel mio Etica e Fonetica (AG 13, § 1.4) questi programmi funzionano meglio con una dettatura fluida, mentre al contrario le pause, le esitazioni e in generale il parlato scandito peggiorano la qualità del riconoscimento vocale da parte del programma.

L’analisi delle due “catene” saussuriane, l’articolatoria e l’acustica (vedi diagramma), sostanzialmente non è diverso dall’esame dell’oscillogramma fonico (vedi GA 41): in tutti i casi non è possibile individuare il punto esatto dove finisce un suono e ne comincia un altro (citazione 1) e cioè non si può suddividere il continuum fonico né si possono rintracciare i confini sillabici, ma tuttavia, si badi bene, la segmentazione si ottiene lo stesso grazie ai sofisticatissimi algoritmi dell’elaborazione informatica. In modo del tutto analogo al “cervello elettronico” opera il “cervello umano”, quando riconosce ed estrapola da un continuum verbale quei “tempi”, non uguali bensì “omogenei” (citazione 5), di cui parlava Saussure.

Gli zelanti allievi del maestro ginevrino – e dopo di loro i linguisti tutti, presumo – inseguivano una segmentazione a livello acustico e/o articolatorio, in sostanza a livello fisico, invece per Saussure la suddivisione è a livello psichico, in una terza catena astratta e per così dire “in uscita” dall’elaborazione inconscia del parlante. “Ogni unità della catena fonica – secondo, ad esempio, il Gambarara (loc. cit.) – rappresenterebbe un tempo omogeneo (indipendentemente dalla sua durata) e verrebbe riconosciuta in base alle loro differenze”: a mio avviso questo modo di vedere il problema della “omogeneità” dei fonemi, ad esempio della parola BARBAROS, è alquanto contorto. Con Saussure (citazione 4) invece tutto diventa più chiaro attribuendo l’“omogeneità” non ai vari fonemi posti sull’asse diacronico, ma a quelle “immagini acustiche” (vedi GA 38) caratterizzate “dalla stessa impressione o dallo stesso effetto acustico”, per cui il parlante riconosce una t, una n, ecc. a prescindere dalle singole realizzazioni, esattamente come fanno i programmi ASR dei computer.

L’ASR è indubbiamente una pietra miliare nella ricerca linguistica, ma alle tappe successive potranno e dovranno portare contributi importanti, se non decisivi, le scoperte di Lucidi e di Buccola (vedi, per esempio, BU 76) e la telelinguistica di Gaeta (vedi, per esempio, AG 14).

 

DB 41 – 9.4.2006 – Email di Gaeta

Da: Andrea Gaeta [mailto:andrea.gaeta@fastwebnet.it]

Inviato: domenica 9 aprile 2006 13.02

A: 'Daniele Gambarara'; 'Tullio De Mauro'; Walter Belardi; 'fealbano@unina.it'

Oggetto: Lucidi incompreso e ignorato

 

Caro De Mauro, il genio di Lucidi lo conosciamo solo noi due. Belardi l’ha sottovalutato, Albano non lo capisce e di conseguenza né legge né vuole leggere i miei scritti, mentre Gambararasfottendo – li mette in “cornice” (non certo quella che mi ha insegnato lei…).

So dei suoi acciacchi – ma anch’io, mi creda, non sono messo meglio! – e so che non ha più tempo per occuparsi di “Gaeta”, ma una lavata di testa a questi suoi due allievi testoni potrebbe dargliela! Gaeta