GA 38 – L’immagine “acustica” (5.3.2006)

Le mie News si aprono sempre con una immagine, ovviamente “visiva”, che illustra e sintetizza quanto è scritto nell’articolo. Per questa News, che concerne la descrizione di una “immagine” particolare – sui generis e particolarmente ostica – e cioè l’immagine “acustica”, non potendo ovviamente usare nessuna “figura” potrei e forse dovrei inserire un file audio che automaticamente all’apertura della pagina, o con un semplice clic, riproduca una parola, una musica o un rumore qualsiasi. Questa soluzione però l’ho scartata, non tanto per le difficoltà tecniche, peraltro superabilissime, ma perché, per il nostro assunto basta e avanza, anzi è più “didattico” utilizzare come “immagini acustiche” gli stessi caratteri con cui è composto il presente testo.

Nella scrittura infatti, si badi molto bene, c’è un “segreto”, che è semplicemente questo: per coloro che non conoscono la lingua i caratteri sono “arabo”, cioè immagini “visive” (statiche) o disegnetti che, al massimo, si possono “riconoscere” – se si erano memorizzati in precedenza (come, ad esempio, nel caso dei loghi e delle firme) – ma non certo “leggere”; invece coloro che “conoscono” la lingua (ad esempio l’italiano), a cominciare dai suoi grafemi e dai corrispondenti fonemi, e la sanno “leggere” (come chi in questo momento sta scorrendo queste righe!), non vedranno immagini “visive” fissate nello spazio, ma, per così dire, “sentiranno” immagini “acustiche” svolgentesi nel tempo. E più esattamente: l’immagine acustica sarà “reale” quando si ascolta la lettura altrui o si legge ad alta voce, mentre sarà “immaginaria” nel caso di lettura silente (linguaggio mentale o endofasico).

Tre categorie speciali di persone capiranno al volo questo basilare concetto di “immagine acustica”: i ciechi, i telegrafisti e gli analfabeti. I primi, per forza di cose, neanche sanno cosa sono le immagini visive e conoscono solo quelle acustiche (parole, musica, rumori…). I secondi, dopo aver buttato a mare l’alfabeto Morse scritto, comunicano solo oralmente – e non tanto in “lingua Morse”, ma in una variante della loro lingua nativa, nella quale hanno sostituito i fonemi tradizionali con i fonemi o “pattern acustici” Morse. Per gli illetterati e i “fanciullini”, infine, qualunque scrittura è una “lingua straniera”.

Il concetto di “immagine acustica” appena esposto può apparire semplice o banale, specie se non si ha dimestichezza con la buccoliana “legge del tempo”. Io l’ho maturato dopo anni e anni di profondi e sofferti studi sul Morse, su Lucidi, su Ronchi, su Binet (vedi BU 73), su Edison, ecc. e soprattutto su Buccola, lo scienziato, si badi, più avanti e più incompreso di tutti, di cui ricordo questa frase scultorea: “Il linguaggio nel suo schema fondamentale è costituito da imagini acustiche, sia di natura sensoria che motrice, cioè da imagini di eccitamenti sonori che entrano nel cervello per mezzo dell'udito e da imagini dei movimenti necessari alla formazione coordinata dei suoni” (vedi FO 9).

Assimilato il semplice concetto di “immagine acustica” lo useremo come una chiave per entrare, dalla porta principale, nel sacro tempio della linguistica generale. Nelle prossime News infatti affronteremo, gradualmente e senza troppa fatica, i principali passi salienti del noto CLG di Ferdinand De Saussure (vedi foto), cercando di bypassare i meandri in cui si sono cacciati e persi tutti i linguisti, a cominciare dal Benveniste (come ha genialmente avvertito Lucidi) e a finire col De Mauro (vedi foto).

Per il collage di apertura (visivo e “acustico” al contempo), che mette a raffronto la saussuriana segmentazione della catena fonica (tempi omogenei ma disuguali) con quella erroneamente recepita dai linguisti (tempi omogenei e uguali) rimando alla querelle BARBAROS (provvisoriamente inserita nel mio Atomo incompiuto AG 11) e a quanto diremo nel prosieguo.

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