14 - La tensività di Lucidi e il “tiro” di Saso

 

Caro Pappalardo e caro Gambarara,

ecco poche riflessioni, rispettivamente di telegrafia e di linguistica, scaturite dai recenti proficui miei incontri con radioamatori di prim’ordine e col chiarissimo linguista Tullio De Mauro.

Tra le tantissime cose che tu, Lino, mi hai insegnato c’è la faccenda della manipolazione “tirata”, che si viene ad aggiungere a quella americana, italiana, coloniale, a mano morta, a uncinetto, dei ferrovieri, ecc. che in questi anni ho avuto modo di studiare – ahimé solo teoricamente, perché come sai il mio unico maneggio del tasto Morse è avvenuto lunedì scorso, mentre la tua mano muoveva per me il mio docile polso!

Se ho ben capito il tuo maestro, il Cav. Tommaso Sasso, insegnava (all’istituto privato “Marconi” di via Palestro a Roma) a tirare a sé il tasto, con movimento adduttivo (e non abduttivo), per avere una manipolazione meno stancante e per non ritrovarsi l’avambraccio “a pezzi” (glass arm) dopo qualche ora di manipolazione.

Quest’insegnamento, per certi aspetti simile a quello del Forcieri (v. Newsletter 20), a me pare estremamente fecondo, non soltanto per la verifica sul campo fattane da tantissimi operatori come te, ma per le sicure analogie che io vi trovo con la tensività scoperta negli anni cinquanta dal glottologo cieco Mario Lucidi. Infatti, come ho più volte ribadito, ritengo la telegrafia un perfetto laboratorio per studiare le “costanti” articolatorie di Lucidi, del tutto analoghe alle “costanti” che sicuramente esistono nell’accennato bailamme dei movimenti (oscillazioni, inversioni, snodi, retroversioni, ecc.) di falangi, falangette, falangine e soprattutto del polso durante gli infiniti stili di manipolazione telegrafica. Ecco perchè oltre alla collaborazione dei telegrafisti ho bisogno di quella, ancora più preziosa, dei linguisti!

Purtroppo qui ci sono state delle incomprensioni e delle esitazioni, ma ora qualche punto fermo c’è. Per esempio, caro Gambarara, ieri ho avuto conferma direttamente dal prof. De Mauro, nel corso di un cordiale colloquio - di cui pubblicamente lo ringrazio - che lo stenoscritto degli allievi di Saussure (barbaros) esiste e sicuramente si trova a Ginevra. Quindi, caro professore, basta un po’ di buona volontà per averlo!

Più difficile invece potrebbe essere la ricerca delle dispense del Sasso (nelle biblioteche di Roma, Ministero PT incluso, non ci sono e l’istituto Marconi non esiste più), ma sono certo che tu, Lino, vorrai perdere un po’ di tempo per cercarmele.

Cordialmente. Andrea Gaeta

 

Intervento di Pappalardo (23.4.04):

Ha cercato e trovato dispense e notizie del cavaliere Saso.

 

Intervento di Gambarara (8.5.04):

Caro Gaeta,

mi scusi innanzitutto il ritardo: i viaggi continui fanno sì che io sia diventato un pessimo corrispondente.

Allora, questione BARBAROS in Saussure. Nel ricco Dossier che lei ha raccolto, le indicazioni più precise sono state date dal compianto Engler. A pag. 64 di CLG 1922 c’è effettivamente BARBAROS collocato su una linea con trattini verticali. Nelle fonti manoscritte (pag. 103 dell’edizione Engler), c’è invece FENESTRA sotto (e non sopra) una linea con tratti verticali. Le lezioni vengono dal III corso: Engler pubblica i passi corrispondenti dai quaderni di appunti di Dégallier e di Joseph.

I quaderni sono non stenografati, ma in chiaro, e sono conservati nella Biblioteca Pubblica e Universitaria di Ginevra dove qualunque studioso può prenderne visione. Non abbiamo però corrispondenze a questo passo nei quaderni di Constantin – il più fidato – e soprattutto non nelle note autografe di Saussure, che sono le uniche che potrebbero risolvere la questione della forma precisa dello schema. Il passo più vicino a questo di cui conserviamo appunti di Saussure è quello alle pagg. 325-327 degli Ecrits de linguistique générale (Parigi 2002), in cui sono riprodotti alcuni degli schemi autografi di Saussure, ma non quello di cui ci stiamo occupando.

Il discorso di Saussure in questo passo è chiaro. Ciò che gli interessa qui è il riconoscimento delle unità della catena fonica in base alle loro differenze; in quanto differenti tra loro, ciascuna rappresenta un tempo omogeneo (indipendentemente dalla sua durata).

La più ampia e interessante riflessione di Saussure sulla fonetica è contenuta in un manoscritto autografo conservato ad Harvard, e splendidamente pubblicato da Maria Pia Marchese, Phonétique (Firenze 1995). In esso la complessità delle unità fonetiche tra fenomeno articolatorio e fenomeno acustico, e soprattutto il loro rapporto col tempo, in cui si succedono senza cancellarsi, sono discussi a fondo, e Saussure tenta diversi schemi (ad es. a pag. 75, e la ricerca di una rappresentazione tridimensionale a pagg. 152-153).

Una nota sulla stenografia. A mia conoscenza Saussure non la discute mai, e questo è strano perché da giovane l’aveva praticata: si conserva a Ginevra un quaderno in cui aveva stenografato le lezioni di Curtius quando ne era studente a Lipsia.

Approfitto dell’occasione per dirle che ho trovato molto interessante l’articolo sul Morse che mi ha inviato. Mi sembra che ne emerga una possibilità analoga a quella che la grafologia (più ancora che la paleografia) ritrova sulla scrittura, non solo di distinguere diverse “mani”, ma anche di riconoscere dal ductus – articolatorio e acustico, più che scritto – gli stati emotivi dello scrivente (nel nostro caso del telegrafista). Un’altra convergenza con la fonetica, che forse ci apre una visione sul linguaggio in generale. Ma lei, nella prospettiva di Lucidi, riuscirà a vedervi ancora di più.

La saluto cordialmente. Daniele Gambarara

 

Intervento di Gaeta (4.6.04):

Caro Gambarara,

sia pure con ritardo desidero ringraziarLa, anche pubblicamente, della dottissima ed esaustiva risposta e, in particolare, della segnalazione del lavoro di Marchese, che non conoscevo. Le confesso che i Suoi apprezzamenti ed auguri per le mie ricerche su Lucidi e su Morse mi hanno inorgoglito e spronato al lavoro, tanto che ormai ho quasi pronta la monografia sulla lingua telegrafica, lavoro che, come già ho avuto modo di accennarLe, prende le mosse dal recentissimo saggio di Belardi sulla voce articolata.

Non mi è chiaro se Lei è materialmente in possesso della pagina dei quaderni (di Dégallier e Joseph) con l’esempio “BARBAROS” che a me interessa, a prescindere dall’essere contenuto in un brano stenografato o meno, per analizzarlo in chiave “telegrafica” (o, se preferisce, diacronica). Se così fosse potrebbe avere la squisitezza di favorirmela?

Grazie. Cordiali saluti. Andrea Gaeta

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