21 - Lettera a Bertinetto

   

 

Caro Bertinetto,

alcuni mesi fa ho fatto un’indagine presso alcuni telegrafisti (vedi newsletter N. 4) per appurare se conoscevano o si servivano degli “equivalenti fonetici” o “aiuti mnemonici” per il Morse di cui avevo letto non solo in articoli specialistici di università americane, tedesche, belghe, ecc., ma anche in notissimi trattati divulgativi di telegrafia, come ad esempio il Culley (svariate edizioni dal 1863 al 1885, alcune tradotte anche in italiano) e il Manisco.

Poiché è risultato che l’argomento non è per niente chiaro e addirittura snobbato dalla quasi totalità degli interessati provo a richiamarvi l’attenzione degli specialisti di fonetica e mi rivolgo in prima battuta a Lei, chiarissimo Bertinetto, di cui conosco gli scritti principali (Strutture prosodiche dell’italiano, 1981), la competenza e – almeno così mi lusingo sperare – la disponibilità e la correttezza nei miei confronti.

Nella benemerita rivista Morsum Magnificat, 2000, N. 67, p. 42 c’è un breve articolo a firma K. J. Lloyd intitolato “Illustradet Morse” che accenna a un libretto edito da N. Sandor intorno agli anni della seconda guerra mondiale e intitolato “A New System of Learning the Morse Code”.

In questo opuscolo – che finora non sono riuscito a rintracciare – si fa ricorso al ritmo di parole e sillabe inglesi per rappresentare i punti (dots) e le linee (dashes) dei caratteri Morse e, per rinforzare anche visivamente l’acquisizione del codice, vengono fornite delle vignette illustrate come le due qui riportate.

A mio avviso non c’è alcun dubbio che l’abbinamento – peraltro saussurianamente arbitrario! – tra caratteri del codice Morse e parole (o motivetti musicali) poggi sulla “quantità” della metrica latina e greca, tanto più che un ingegnere del Post Office di Londra (il citato Culley), presumibilmente digiuno di competenze linguistiche, usa il simbolo della sillaba breve  ˘  per il punto e il simbolo della sillaba lunga  ˉ  per la linea!   Io però ardisco spingermi ancora oltre e vedervi la prova inoppugnabile dei prosodemi lucidiani.

Queste idee le ho accennate in Etica e Fonetica, il mio ultimo lavoro passato inosservato o semplicemente sotto silenzio, forse per una copertina non azzeccata, come mi hanno fatto garbatamente osservare Lepschy e Canepari. Pazienza, a me bastano per ora le attestazioni di stima per il certosino lavoro su Lucidi che ho avuto l’onore di ricevere dai chiarissimi proff. Engler, Belardi (comunicazione personale) e, da ultimo, Gambarara.

Ringrazio dell’attenzione e porgo cordiali saluti.

Andrea Gaeta

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