17 - La telegrafia di Manisco

   

 

Tempo fa l’amico Urbano Cavina mi comunicò di essersi imbattuto nel manuale del Capitano del Genio Giovanni Manisco (Hoepli, 1929) e di aver finalmente trovato riscontro, in un testo “professionale”, alle mie famigerate mnemoniche (vedi Newsletter N. 4).

Poiché io conoscevo benissimo tale testo ne nacque un fitto e fecondo scambio di opinioni che credo utile riportare integralmente in questa sede, anche per dar modo a chi vuole di intervenire e dire la sua, in particolare, sulla querelle “occhi aperti / occhi chiusi”.

 

Intervento di Cavina

Non conosco la tecnica della manipolazione ad uncinetto, con oscillazioni laterali e non verticali, però mi sembra inconcepibile. Mi piacerebbe conoscerne di più per sapere come funziona.

1) nella posizione del pollice che, invece, va posto sotto il bordo. Proprio perchè permette una manipolazione controllata direttamente senza dover essere vincolata ai tempi di ritorno della molla. Il movimento unico dall'alto al basso che ti permette di eseguire in modo simultaneo punto e linea (che puoi, per esercizio, eseguire in sequenza continua senza nessun affaticamento che non sia fisiologico, e che tu dovresti ricordare per averlo ascoltato da me quando eri da Claudio) è irrealizzabile se il pollice vincolato al movimento del polso non sollecita la molla ad alzare la leva orizzontale. 

2) mano che oscilla da destra a sinistra? che ricorda la mano che lavora all'uncinetto? non capisco. Il verticale si usa dall'alto al basso proprio per la sua disposizione meccanica con movimenti più o meno ampi (a seconda della velocità, è vero) del polso in senso verticale. Ho provato ad eseguire alla lettera gli spostamenti laterali di cui parla. La manipolazione risulta più meccanica (e questo, FORSE, può presentare il vantaggio della spersonalizzazione) ma irrigidisce il polso e impedisce la manovra descritta al punto uno. 

3) il tasto a 20 - 25 cm dal bordo del tavolo non consente la posizione del braccio che rappresenta successivamente (vedi figure). Posizione classica della scuola italiana da cui scaturisce il ritmo riconoscibilissimo (uno di scuola italiana non mi sfugge nemmeno se sono ubriaco e addormentato. Io sono in grado di camuffarmi e di confondere il corrispondente con vari stili di manipolazione. Spesso Claudio mi attribuisce il semiautomatico americano per l'imitazione che ne faccio manipolando il verticale. Non è facile ma ci si riesce. Ho sempre odiato d'essere etichettato in frequenza) in perfetta contrapposizione a quella inglese che, invece, è pragmatica ed efficiente in qualsiasi evenienza. I nostri telegrafisti se non hanno il braccio appoggiato in gran parte vanno in crisi, non riescono a trasmettere. Cose da pazzi, e nessuno se ne è mai reso conto. Forse per il nostro modo di "chette frega, tira a campa'). T'immagini in situazioni d'emergenza o di particolare operatività la comodità di un tavolo su cui distendere il braccio dove la trovavano? Ridicolo davvero non tenere conto di queste cose. Pensa solo se ora, con tutto il nostro comfort, se si dovesse aver bisogno di tanto spazio per trasmettere con tutto quello che c'è sulla scrivania, PC e quant'altro, come farebbe. Dovrebbe farsi il posto spostando questo o quello tutte le volte…

 

Intervento di Gaeta

Peccato che lunedì scorso al “meeting” con Claudio, Lino e Tony (tre cavalli di razza, indubbiamente) tu non c’eri! Io facevo una premessa: parlate come si parla all’asilo, i vostri discorsi per me suonano come l’università della telegrafia, non posso seguirvi, ecc.

Lo stesso vale per te: il 90% di quello che mi scrivi io non lo capisco (e la tragedia è che sono consapevole che altrettanto deficitaria è la tua comprensione nei miei confronti…), per esempio: essere etichettato in frequenza per me è arabo! Idem camuffamenti, spersonalizzazione, imitazione degli altri, ecc. Sono cose tutte che mi affascinano, ma se vogliamo costruire qualcosa dobbiamo andare con i piedi di piombo, con pazienza, con umiltà e iniziare dalle fondamenta.

Cominciamo da una cosa terra terra: se lo noti (fotografia in alto a sinistra), il soldato usa un tasto da esercitazioni, senza fili elettrici e sovrastrutture varie. Ebbene, tutto quell’apparato mostruoso prodotto dalla tecnica – basta vedere le attrezzature di Claudio – maschera le cose fondamentali, che invece emergono da questo semplice tasto senza fili, grazie ai due rumoretti microscopici degli urti delle incudini anteriore e posteriore (vedi News 20).

Intuisco – da teorico e da curioso – che il vincolo della molla di ritorno del tasto deve avere un ruolo importante, cerca di spiegarlo meglio per favore.

E infine una domanda concreta: con un tasto “apparente” ossia senza sbraccio (tutto serrato) o semplicemente facendo finta, mettiamo, che un pesante calamaio sulla tua scrivania sia un tasto, tu sapresti manovrarlo lo stesso?. Io azzarderei di si……

 

Intervento di Cavina

Il Manisco è molto interessante, ma non sempre attendibile. Lo si evidenzia anche da alcune imprecisioni che dimostrano una certa superficialità nel suo scritto.

Le imprecisioni più evidenti:

a)      Definizione SOS che intende come “save our souls”. Assolutamente falso.

b)      Dicitura Moyday invece di Mayday

c)      Data della prima linea telegrafica 1844 e non 1842

d)      L’informazione sulle trasmissioni del dirigibile “Italia” captate dalla nave “Città di Milano” è completamente diversa, direi opposta. Ma questo può imputarsi ai tempi troppo ravvicinati fra la pubblicazione e il tragico evento del dirigibile polare ITALIA.

Perplessità, tante:

1)      Vi sono spesso allievi costretti a cambiare indirizzo professionale per l’impossibilità (?) (nota personale: meglio dire limiti fisiologici) di progredire nella trasmissione (n.p. meglio ancora “nella ricezione”, inconveniente a parer mio non eliminabile proprio perché, appunto, fisiologico)

2)      La manipolazione va fatta solo col movimento della mano (n.p. NON va fatta solo col movimento della mano - che serve quasi esclusivamente per l’impugnatura - bensì col movimento principale del polso)

3)      Il movimento della mano non deve essere eseguito in senso verticale (n.p. con questa sua logica il tasto orizzontale lo si dovrebbe usare con movimenti verticali, he he!…molto improbabile la faccenda. Perciò anche qui mi risulta vero il contrario, DEVE essere eseguito in senso verticale).

4)      Il pollice leggermente appoggiato sul bordo posteriore del pomello del tasto (n.p. non credo proprio. Se così fosse, come si potrebbe aiutare la molla di ritorno a staccare il contatto se il pollice non è posto sotto il pomello. Pomello che deve essere alzato in modo  indipendente dai tempi fisici che la molla richiederebbe?)

5)      Il tasto a 20 – 25 cm dal bordo anteriore del tavolo. (n.p. perché? Nella fig. 30 mostra una manipolazione con braccio e gomito sollevato, mi pare. Allora, in questo caso, a che serve stabilire la posizione del tasto? Andrebbe bene ovunque, purchè in piano naturalmente. Se, invece, la posizione corretta è quella di fig. 31 allora si capisce la necessità di distanziare il tasto dal bordo per dar modo all’avambraccio di poggiare comodamente)

In questo modo, solo in questa posizione, si possono esercitare la cadenza e il ritmo che sono caratteristiche della manipolazione militare italiana facilmente identificabile, vale a dire riconoscibile.

Scrivevo in proposito sul mio Marconisti d’Alto Mare”:

“Alice Mitchell, (con la quale, malgrado la sua età avanzata, sono tuttora in contatto)  wireless-operator del WRENS, ...ricorda:

“The Italian operators had their own distinctive fists, and the Wrens got to know most of the operators by name. Not so with the Germans... ”.

In pratica, gli operatori diventavano essi stessi strumenti inconsapevoli d’informazione del nemico. Con elementari accorgimenti quali l’addestramento a diverse tecniche di manipolazione (meno arzigogolate) o l’uso di trasmissioni su zona perforata (già note fin dai primi anni ‘10), in molti casi venivano evitati, o quantomeno ritardati, inconvenienti di questo genere. … al contrario degli italiani, i tedeschi fossero difficilmente catalogabili per il regolare stile robotiano della loro manipolazione…)

- WRENS          Women Reserve Naval Service

La necessità di cadenzare con l’avambraccio ben poggiato al tavolo rende la trasmissione gradevole (non sempre) all’orecchio ma certamente distinguibile dalle altre e facilmente catalogabile. (Ogni operatore, per tramite della sua “calligrafia eterica” veniva catalogato con una sigla che lo legava alla nave (una volta identificata) da cui trasmetteva. Perciò non c’era bisogno di decifrare il nominativo della nave intercettata, bastava scorrere l’elenco per sapere in un attimo da che nave provenivano detti segnali. In alcuni casi, si distinguevano altresì dalla nota dell’apparato trasmittente. Insomma per mascherare la nave sarebbe occorso di spostare gli apparati e gli operatori da una nave all’altra abbastanza spesso. Cosa forse troppo complicata per certuni hehe!) In compenso inorgogliva il pensare d’aver una bella e arzigogolata manipolazione. Un po’ come quelle calligrafie piene di riccioli e svolazzi. Tutto qui.

Che la riconoscibilità della manipolazione costituisse un grave problema in caso di guerra lo sapeva bene anche il Manisco quando ci dice:

“La scuola deve mirare a far produrre i segnali morse nel modo più perfetto possibile, …i radiotelegrafisti in tempo di guerra sanno che il corrispondente può essere riconosciuto da chi lo ascolta…” pag 112 

6)      Infine, che nella trasmissione col verticale “in sei mesi si possano raggiungere 150 caratteri al minuto” è molto, ma veramente, molto improbabile; nemmeno in sei anni. Si tratterebbe comunque di casi eccezionali ai quali io non credo proprio.

Io, personalmente, che nei test di trasmissione verticale ho sempre viaggiato a livelli di 30 trentesimi (nei militari si usavano i 20 ventesimi; non cambia niente), nei momenti migliori superavo di poco i 140. Ogni tanto si sente qualcuno che dice d’aver trasmesso oltre i 150, i 160, ne ho sentito uno parlare anche dei 170. Vorrei vederli coi miei occhi. Ne ho visti e sentiti veramente tanti di colleghi trasmettere, tutti ben lontani dal raggiungere queste velocità.

P.S. Il tasto fig 30 e 31 è senza fili? Si parla solo di impostazione e impugnatura, i fili non credo che siano importanti.

La caratteristica principale delle manipolazioni verticali militari, che conosci (punto e linea con un solo spostamento del polso verso il basso non saprei come spiegartela. Potrei solo mostrartela - spero un giorno – così come te l’ho fatta sentire in sequenza quando eri da Claudio, la prima volta). Se non hai il tasto regolato per trasmettere realmente, non la puoi certamente simulare a contatti serrati o su di un calamaio, come tu mi chiedi. Al massimo puoi simulare una manipolazione come potresti farlo poggiando un gomito o un piede e pestare l’alfabeto morse.

La manipolazione a braccio sollevato  è simile a quella in uso in GB dove, invece, il tasto è tenuto a bordo tavolo. I britannici sanno (sapevano) benissimo che in situazioni d’emergenza o nel campo d’operazione (bellica in particolare) godere dello spazio per poggiare l’avambraccio comodamente è a dir poco improbabile (certi operatori nostri senza la postura classica non riescono manipolare hi!).

Ragion per cui la loro (GB) scuola è di trasmettere col braccio sollevato e, ti garantisco, lo fanno bene e in modo del tutto spersonalizzato, vale a dire non riconoscibile, “come se trasmettessero in stampatello hi!”. (Ho una cassetta di alcuni anni fa dove gli operatori di GKL – mi pare – lanciano il messaggio d’addio, chiusura definitiva della stazione radio, manipolando in questo modo. Dovresti vederla per capirne l’abilità).

A proposito, nessuno di voi sa come si trasmette in stampatello? (è una battuta con una spiritosa risposta)

Queste informazioni anche se interessano prevalentemente te, gentile Gaeta, contrariamente alle precedenti, le inoltro per conoscenza ad alcuni colleghi (che saluto cordialmente). In tal modo, mi rendo disponibile a possibili diversità d’opinione.

 

Intervento di Gaeta

Dall’ immagine inserita si capisce certamente l’impostazione diciamo “britannica” del braccio “volante” (non appoggiato), ma su questo non mi pronuncio, hai senz’altro ragione tu. Insisto però a far notare che si tratta di tasti da esercitazione (dummy, in certo senso e misura quasi finti quanto un pesante calamaio, come ti scrivevo…) privi di collegamenti elettrici (l’amico Eliseo conosce benissimo quelli famosissimi del Forcieri  ) e che solo con questi tasti – senza il mascheramento derivante dalle sovrastrutture elettriche, elettroniche e informatiche – si possono analizzare i più sottili fenomeni fisiofisici del Morse.

Per dare un senso a queste mie osservazioni, oltre a rimandarti ai pochi accenni dei miei scritti alla pressività Morse, posso aggiungere, caro Urbano, che credo di aver fatto una importante scoperta relativa al “primo Morse”, quello da lui presentato nel 1835. Per il momento è prematuro aggiungere altro.

Sull’SOS, dirigibile Italia, date ecc. mi inchino alla tua autorità, ma queste distrazioni non infirmano il bellissimo libro del Manisco; semmai al contrario lo arricchiscono perché, secondo me la troppa meticolosità, l’eccesso di purismo può dar fastidio.

Circa la manipolazione “ad uncinetto” insegnata nelle scuole militari (o tra i ferrovieri o tra i postelegrafonici…) tu ne parli come di una cosa sbagliata, o quanto meno con malcelato sprezzo, con una punta di superiorità che io – estraneo e super partes – non posso accettare. Chi l’ha detto che è migliore la manipolazione dei marconisti di bordo? In base a quali elementi obiettivi tu, e in genere, a quello che mi è capitato di sentire, tutti i “marconisti” della telegrafia senza fili bollate gli infiniti “morsisti” della telegrafia coi fili, che tra l’altro vi sono stati maestri?

P.S. – Dalla immagine allegata (foto in alto a sinistra) si vede benissimo che l’operatore manipola il tasto ad occhi chiusi. Questo è un dettaglio importantissimo.

 

Intervento di Cavina:

Caro Gaeta, le tue certezze mi disorientano. Sei sicuro che si vede benissimo che l’operatore manipola il tasto ad occhi chiusi? E che questo sia un dettaglio importantissimo?

Potrebbe anche essere che sta leggendo. Tanto più che la posizione della mano sinistra è  "rattrappita" sul foglio di lettura ben evidente sul tavolo. Tuttavia ognuno è libero d'interpretare la figura come vuole, l'importante è "crederci" nelle cose. I conti, poi, bene o male, si fanno sempre quadrare. Come quando affermi che "in un libro le approssimazioni sono distrazioni che arricchiscono perché la troppa meticolosità e l’eccesso di purismo possono dar fastidio". Non te la prendere se sorrido.

 Le tue affermazioni mi lasciano sconcertato. Sovrastrutture elettriche? non capisco. Ma cosa ci vuole ad attaccare due fili a un tasto? quali sovrastrutture? e poi che cosa cambiano nella manipolazione? davvero non ti capisco. Il Forcieri? No comment, non lo conosco. 

 Inoltre, per favore, evitiamo le considerazioni personali prive di riscontri oggettivi. Quando mai ho detto tutte le fesserie che mi attribuisci? (superiorità dei marconisti di bordo; manifestazioni di malcelato disprezzo per i maestri morsisti; per la manipolazione a uncinetto (?) - che cos'è quella che con movimenti orizzontali, della sola mano, manipola un tasto verticale? andiamo, dico solo che per quel po' di esperienza professionale che possiedo (che tu non hai), non ci credo! - ecc..

 Infine, se riscontri alle mie critiche ci sono, per maggior chiarezza, richiamali punto su punto. Ed evitiamo di cadere in considerazioni dovute a impressioni personali. Da buon fisico dovresti sapere che perfino i sensi spesso distraggono dalla realtà, figuriamoci se si tratta di percezioni. 

N.B. Dire "marconisti della telegrafia senza fili" nel nostro caso è come dire "telegrafisti del telegrafo". Salvo che non si considerino telegrafisti anche gli addetti al telegrafo di macchina.

 

Intervento di Gaeta

Ti do atto, Urbano: forse il nostro amico sta leggendo – non avevo notato né mano sinistra né foglio. Forse però fa entrambe le cose, prima legge una certa sequenza di lettere, poi se la trasmette e se la risente “propriocettivamente”, attraverso la sua stessa mano, non con un ritorno acustico, o meglio non col comodo ritorno elettroacustico della “nota” a cui voi “marconisti” siete sin troppo abituati!

Certezze? Magari ne avessi! Credo di essere cauto e stai certo che – almeno nelle intenzioni – prima di dire o scrivere una cosa ci penso più volte.

Ultima cosa: i tasti di esercitazione (vedi News 28) non hanno affatto serrafili e collegamenti elettrici. Almeno su questo puoi dar fiducia alle migliaia di libri che in 11 anni di ricerche ho consultato?

 

Intervento di Giudici:

Obiettivamente nel disegno il soldato sta leggendo, ma ciò non toglie il fatto che per aumentare la concentrazione si fissa un punto oppure si chiudono gli occhi. Parecchi operatori quasi sempre tengono lo sguardo su un punto fisso. Nella ricezione non riscontro nessun tipo di problema, forse perchè la "lingua telegrafica" ormai è ben radicata nel cervello, mentre al contrario la manipolazione prevede un allenamento manuale continuo, ergo una concentrazione che deriva dalla necessità di gestione delle dita sul manipolatore, quasi come il croupier del casinò ovvero il prestigiatore che necessita di un allenamento continuo nelle mani per poter svolgere al meglio la sua attività.

 

Intervento di Gaeta

Il confronto delle due immagini in testa a questa Newsletter può essere illuminante.

Il “disegno” a destra raffigura un soldato che si esercita alla ricezione. Poiché “copia” i segnali che “vede” dalla cuffia evidentemente i suoi occhi devono essere aperti, e non si può stare a sindacare se il disegnatore li ha raffigurati aperti o chiusi.

La “fotografia” a sinistra invece riprende un soldato che si esercita alla trasmissione e ha gli occhi chiusi perché questo, come è stato fatto notare più sopra, molto verosimilmente aiuta la sua concentrazione.

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