GV 26 – Il segnale orario a Roma (1.7.2008)

Durante i sopralluoghi e le ricerche, tuttora in corso, sull’orologio idraulico del padre Embrìaco (vedi GV 24 e GV 25) ha attirato la mia attenzione il busto (foto a destra) del celebre gesuita Angelo Secchi, di cui ho già presentato, a proposito della buccoliana “equazione personale”, il tasto telegrafico a libretto (vedi MO 98). In particolare mi hanno incuriosito i settori bianchi e neri del piedistallo e il sottostante foro.

Da veloci ricerche è emerso che i primi sono un ricordo della “mira” topografica, forse posta sull’albero retrostante, su cui il grande astronomo puntava il suo cannocchiale per i rilievi di triangolazione Roma-Rimini, simili a quelli del Beccaria sull’asse Torino-Rivoli (vedi BE 6); mentre il foro, puntato sull’osservatorio astronomico del Collegio Romano, serviva per vedere, a mezzogiorno in punto, la caduta della celebre “palla” dal pennone dietro al timpano della chiesa di S. Ignazio, adiacente al Collegio Romano (foto a sinistra).

Quando a Roma fu adottata l’ora “oltremontana” l’osservatorio di p. Secchi fu incaricato di issare una bandiera alcuni minuti prima di mezzogiorno e di ammainarla allo scoccare delle 12, in modo che a Castel S. Angelo, a questo segnale, un artigliere sparasse un colpo di cannone udibile in tutta la città (e in condizioni favorevoli persino ai castelli romani). Ben presto, seguendo il sistema più affidabile dell’osservatorio di Greenwich, la bandiera fu sostituita da una grossa palla, il cui colore nero si stagliava molto bene contro il cielo.

Con l’avvento al Collegio Romano del Tacchini furono introdotti altri due cambiamenti: lo sparo veniva fatto dal Gianicolo (come avviene ancora oggi) e il segnale, per maggior sicurezza, veniva trasmesso elettricamente (suoneria o telegrafo), risolvendo così i problemi legati alla visibilità atmosferica e alle esitazioni percettive (prontezza dei riflessi) se non dell’astronomo, almeno dell’artigliere. Verso il 1880 l’orologiaio Attilio Capaccini ideò l’accensione automatica della polvere da sparo con contatti elettrici azionati da un cronometro di precisione.

Come nota di colore aggiungo che fino al 1925 non so al Pincio, ma certamente nella centralissima piazza S. Ignazio e in via del Corso, all’angolo di via del Caravita, si radunava un capannello di romani che guardavano col “naso all’insù” la palla, aspettando il segnale per rimettere all’ora i loro preziosi orologi o le loro sgangherate “cipolle”.

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