GA 16 – Capri contro Erice (29.1.2006)

                                   

                        Vasco Ronchi (Capri)                                             Antonino Zichichi (Erice)

 

“È un fenomeno grandioso, colossale, addirittura conturbante, che in tutto il mondo milioni e milioni di maestri insegnino a milioni e milioni di allievi un insieme di regole sbagliate, e nessuno ha mai protestato, perché tutti, con un dogmatismo incredibile, le hanno credute ormai collaudate e non si sono mai accorti degli innumerevoli casi in cui le esperienze (anche involontariamente) fatte in proposito erano decisamente inconciliabili con la teoria presentata come infallibile, e perfetta”.

Queste parole dello stesso Ronchi (A proposito degli studi moderni sull’opera di Galileo, Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, Anno XXXVI, n. 1-2, 1981) possono essere senz’altro assunte come la formulazione più corretta di quello che ho già introdotto come effetto Ronchi. Non solo, ma questo effetto ha avuto “effetto” – scusandomi dell’involontario, ma inevitabile gioco di parole – sulla persona e sulle teorie dello stesso Ronchi, verso il quale “l’atteggiamento dell’ambiente universitario della fisica è sempre stato della massima durezza, che come manifestazione più blanda ha avuto quella della congiura del silenzio (V. Ronchi, La nuova rotta dell’istituto nazionale di ottica di Arcetri, Fondazione Giorgio Ronchi, Anno LIV, 1982, p. 130).

Io non sono in grado, e soprattutto non tocca a me di esprimere un giudizio globale e definitivo su questo scienziato che per tutta la vita (1897 – 1988) ha lottato, come lui stesso ebbe a raccontarmi, contro i baroni universitari, e che tuttavia, soprattutto all’estero o all’UNESCO, è stato ed è tenuto in grande considerazione. Altri ben più autorevoli di me, ad esempio P. Feyerabend in “Contro il metodo”, hanno tessuto le lodi di questo profondissimo conoscitore e degno erede di Galileo, scopritore del “Ronchi test” e del “segreto” degli occhiali, del cannocchiale e della stessa “luce”, fondatore dell’INDO (nel 1930) ed instancabile divulgatore scientifico, ma emarginato nella torre d’avorio della filosofia ufficiale e dominante (“Domus Galileiana”) e addirittura “esiliato”, come Dante, nella sua stessa patria.

Posso e debbo dire però che la sua conoscenza, e in particolare l’esperimento proibito e l’affascinante teoria della visione, hanno tanto vivamente influito sulla mia formazione che non esito a collocarlo al terzo posto nella mia scala “epistemologica”, dopo Lucidi e Buccola. Ciò non toglie, sia chiaro, che io non gli muova qualche critica, in particolare nell’eccesso di “pedanteria” linguistica, ad esempio nella sua troppo severa critica al PSSC (Physical Science Study Committee), su cui spero di poter ritornare (vedi GA 22).

Leggendo la marea degli scritti polemici del Ronchi affiorano antichi contrasti col Perucca, col Toraldo Di Francia, col Zichichi e persino con Einstein. Ho creduto di simbolizzarli e riassumerli mettendo a confronto, in questa News, lo “scienziato di Capri” con lo “scienziato di Erice”, cioè col chiarissimo e notissimo prof. Antonino Zichichi, fondatore (nel 1963) del Centro scientifico Ettore Majorana di Erice. Credo doveroso aggiungere che, non avendo letto nessuno scritto del grande scienziato siciliano, mi guardo bene dall’entrare nel merito della polemica ronchiana “A proposito degli studi moderni sull’opera di Galileo” (citata).

Vasco Ronchi si lamentava, con grande amarezza (ma senza risentimento), che, anche se il tempo gli ha sempre dato ragione, nessuno gli ha mai detto “Grazie”. Io, per quello che può valere, glielo dico.

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