39 – Una lettera a Soresini

 

Roma, 27 settembre 2003

 

Emerito Prof. Soresini,

riscontro la Sua gradita lettera del 25 u.s.

Le informazioni sulla macchina da scrivere per telegrafisti (mill) sono assolutamente preziose, anche se purtroppo in tedesco. Può darsi che sui tasti ci fossero stampigliati i caratteri Morse (io però lo escluderei), ma quello che aveva di speciale quella macchina era la silenziosità per evitare che il ticchettio della typewriter interferisse col contemporaneo ticchettio del sounder (lo si intravede alla destra del telegrafista-reporter-dispatcher).

Non sapevo nulla della macchina stenodattilografica Cappellari né del prof. Degli Antoni. Grazie.

Conosco invece sia Aliprandi che la omonima fondazione a Firenze, come pure Gemelli e il compianto Ceccato le cui teorie avevano non pochi punti di contatto con quelle di Mario Lucidi.

Un grazie particolare per avermi fatto partecipe dei Suoi lontani ricordi di “stenotelegrafista”.

Mi fa piacere che stia scrivendo una storia della telegrafia: mi auguro che non oscuri troppo quella che sto scrivendo io, orientata però, come Lei sa, sull’ “altro Morse”, quello autentico, americano, dei pionieri e delle landline.

Mi permetto di contraccambiare i regali bibliografici che mi ha dato con una semplice immagine del telegrafo, anzi la più semplice che si possa pensare e che però dice più, molto di più di un intero trattato (è tratta da L. Montillot, Télégraphie Pratique, Paris 1898).

Considero un onore godere della Sua attenzione (come pure di altri amici), specie al confronto col disinteresse e in qualche caso col disprezzo di ben più vaste schiere di sedicenti “amici” che non sanno distinguere una critica scientifica da un insulto da cortile.

Mi prendo la libertà di mandare copia di questa email ai Suoi (e spero anche miei) amici Dragoni, Bigazzi, Brenni, mentre Le chiederei l’autorizzazione per pubblicare (parzialmente o del tutto) la lettera che mi ha indirizzato e che mi riscatta da tante ingiustizie patite.

Concludo con un appello sul Bitnick: Lei è stato inventore (per esempio del Lexofono di cui non so assolutamente niente e che mi incuriosisce) e può capirmi se le dico che, in dieci anni, nessuno, dico nessuno - con l’eccezione (anomala) dello storico della scienza Di Trocchio - l’ha capito. E quando tanti ebbero in mano l’Atomo 7 “Il Bitnick incompreso” invece di darsi la pena di leggerlo mi liquidarono e calunniarono come “pazzo”!

Neanche Dragoni, Brenni, Bigazzi hanno capito il Bitnick, anzi non l’hanno “potuto” capire, ammesso che ne abbiano avuto la curiosità, l’interesse e il tempo, per il semplice fatto che esso è un sistema nuovo, semplice, anche troppo semplice, ma nuovo e quindi occorre la spiegazione diretta dell’inventore.

Ecco, se Lei crede che io possa essere incompreso (pur senza essere “genio”!) e non “pazzo”, mi presenti, mi raccomandi a qualcuno che possa ascoltarmi per un’ora: se non è un deficiente, come tanti che mi sono capitati, capirà, e capirà che dal Bitnick non ne trarrei vantaggio solo io!

Grazie e cordiali saluti. Andrea Gaeta

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