Questo Atomo AG 11

fissa sulla carta, ridimensiona e finalmente “documenta”, dopo oltre quattro anni di incertezze e di ripensamenti – circa i quali rimando ad AG 19 – i miei arditi progetti e i miei scritti “virtuali” (testi o “ipertesti” elettronici) sull’analisi dell’atto grafico. In pratica raccoglie, “stabilizza”, rende “consistenti” e quindi “citabili” una trentina di contributi apparsi negli anni nel mio sito web.

In questo Atomo mancano le usuali note al testo, perchè non ho ritenuto valesse la pena trasferire sulla carta i molti link elettronici originali, cioè di “ipertestualizzare” uno scritto cartaceo caratterizzato, com’è ovvio, dalla sola “testualità” sequenziale. In soldoni questo significa che, per gli approfondimenti, il lettore è “obbligato” ad aprire la corrispettiva edizione on line e navigare nel mio vasto sito, e che la “carta” serve da porto e da approdo per non naufragare in quel mare. Anche per questo motivo l’indice del fascicolo è stato messo solo nell’edizione ipertestuale.

La meccanica grafica, o “fisiofisica della manoscrittura” come preferisco chiamarla, è una disciplina pochissimo nota, assimilata alla grafologia e ritenuta obsoleta sin dall’avvento della scrittura a macchina (che ha relegato la manoscrittura, si può quasi dire, alla sola firma) e a maggior ragione oggi, nell’epoca della “scrittura vocale” al computer. Un tempo la “tecnica grafica” era studiata da stenografi e da fisiologi, oggi è abbandonata non solo (o non tanto) per la sua presunta inutilità, ma in realtà, e soprattutto, per la sua indiscutibile difficoltà.

Eppure essa è utilissima per le sue analogie con la meccanica fonica o “fisiofisica della voce”, come si può evincere scorrendo l’opuscolo “gemelloAG 18, Scritti di Telelinguistica, che licenzio in contemporanea a questo. Ed anzi, credo di poter dire che rispetto alla “meccanica fonica” la “meccanica grafica” risulta ben più facile e più accessibile alla misura e all’analisi scientifica.

Ma c’è una particolarissima “scrittura” ancora più semplice e scientificamente più abbordabile della manoscrittura: mi riferisco alla manipolazione di un tasto Morse, azione equiparabile sia alla scrittura sia alla fonazione (vedi AG 14, AG 18, ecc.), e alla corrispettiva “scrittura” della rotella inchiostrante (vedi MO 73) sulla striscia di carta o “zona” dei vecchi telegrafi Morse (vedi MO 33).

Per lo studio di questa “telelinguistica” non è indispensabile essere un fisiologo, uno stenografo, un linguista o un telegrafista: bastano semplici competenze di fisica, come quelle possedute dall’autore.

 

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