60 – Il pianoforte di Morse

 

 

 

Come abbiamo accennato nella News 58 inizialmente Morse studiava un dispositivo meccanico con cui poter comporre in anticipo il messaggio, anche per evitare i presumibili errori umani di una trasmissione “real time”. Dopo il portacaratteri a manovella cominciò a studiare un sistema ben più complesso, con una tastiera simile ad una macchina da scrivere o a un “pianoforte”, come scherzosamente la chiamavano gli allievi di Morse (vedi J. D. Reid, The telegraph in America, 1879; J. H. Tiner, Artist with a Message, Samuel F. B. Morse, 1987; J. K. Moller, Who Named the Telegraph “Key”?, Morsum Magnificat, 66, 1999 e T. P. Shaffner, The Telegraph Manual, 1859, p. 426-431, da cui è tratto il disegno qui riportato).

Morse confessò di non aver mai concepito l’idea del manipolatore a key come lo conosciamo oggi, dipendente dall’abilità dell’operatore, ma pensava che l’accuratezza dell’impressione di segni poteva essere garantita solo da dispositivi meccanici e automatici (antesignano quindi della telegrafia automatica, quella di Wheatstone, per intenderci) e da processi matematici (antesignano quindi dei “processori” dei computer). Tuttavia Morse non fu mai soddisfatto dei suoi “pianoforti” e alla fine adottò il semplice interruttore a leva (Correspondent, ideato da Vail) azionato da operatori “skilled”.

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