51 – Il metodo Guarnieri

T. Guarnieri – Come si diventa telegrafisti e radiotelegrafisti (1936)

 

 

NORME PER L’INSEGNAMENTO


Recezione


Non ci siamo proposti di introdurre un nuovo metodo per l’insegnamento della telegrafia Morse, ma una razionale ricerca di mezzi atti ad ottenere il maggior rendimento nell’insegnamento, con uno sforzo il più limitato possibile da parte dell’allievo.

Sistemi di vario genere, regole mnemoniche, macchinose tabelle con i più svariati richiami, sono mezzi ai quali ormai si ricorre quando si vuole infliggere agli allievi un immeritato castigo come risposta all’entusiasmo col quale si accingono ad apprendere la radiotelegrafia con la recezione acustica dei segnali.

Lunghi anni di esperienza hanno dato ragione ai nostri criteri didattici, che, del resto, non rappresentano – come ripetiamo — nulla di particolare.

Prima condizione è quella di far conoscere ai giovani che si accingono allo studio che la loro fatica verrà coronata da successo anche per i mediocri, purché essi frequentino regolarmente il corso d’insegnamento. L’insegnante, deve agire con tatto e non peccare anche involontariamente, di presunzione per quello che sa, onde non mettere l’alunno nella condizione di pensare seriamente se intraprendere o no il faticoso lavoro della scuola ed i pavidi si allontanano così fin dalle prime lezioni.

Con un po’ di ottimismo che non vuole ingannare alcuno l’istruttore deve ben chiarire agli allievi che tutti possono riuscire ad apprendere e vincere con la costanza ogni ostacolo. È ormai noto che, salvo qualche eccezione, si può raggiungere l’idoneità alle mansioni di radiotelegrafista ugualmente con un minore o maggiore numero di lezioni. L’inettitudine non si manifesta alla fine o alla metà delle lezioni ma, se del caso, all’inizio del corso stesso.

All’alunno non si infligga la punizione di imparare subito tutto l’alfabeto Morse a memoria nè gli si comunichi il numero dei segnali da dovere apprendere. Infine, s’incomincino gli esercizi di recezione che inizialmente non devono superare i cinque-dieci minuti cadauno e, allo scopo di non affaticare eccessivamente la mente nella traduzione dei segnali, si concedano alcuni minuti di riposo.

È noto che le prime lezioni rimangono alquanto pesanti per gli alunni. Si vedono spesso battere le dita sul tavolo con la cadenza del segnale ricevuto in un evidente sforzo mentale per decifrarlo e trascriverlo sulla carta.

Nei periodi di riposo sarà facile all’insegnante parlare agli allievi di nozioni e richiami di vario genere tanto che si potrà constatare il curioso fatto di vedere i giovani ritornare agli esercizi di recezione con vera e propria soddisfazione.

La prima lezione sarà bene sia limitata ai segni corrispondenti alle lettere e, i, a, h, t, m, o, ch e punto. Nelle lezioni successive si può passare alle altre lettere e cioè una per lezione o al massimo due se si tratta di corso accelerato. Come si vede, in pochi giorni si avrà imparato l’alfabeto senza sforzo notevole.

Il numero delle parole, e l’ordine delle medesime, sono state studiate in modo che, trasmesse tutte, rappresentino il quantitativo sufficiente per passare ad altro esercizio con segni diversi.

Non si acceleri nella velocità di trasmissione anche se qualche allievo dà segni di impazienza per la lentezza con cui vengono trasmessi i segnali, perchè è cosa indispensabile che tutti possano ricevere, e che nessuno incominci a omettere la trascrizione di un solo segnale.

Una buona base d’insegnamento lento e metodico è condizione indispensabile per la buona riuscita del corso. Accelerando la velocità nelle prime lezioni, si corre il rischio di vedere allontanarsi dal corso quei giovani che a torto ritengono di non avere alcuna attitudine.

Si ricordi che, se taluni hanno doti di spiccata prontezza di intuito nella percezione dei segnali, non sempre riescono buoni radiotelegrafisti per il fatto che con la medesima facilità si distraggono, o peggio seguono il contenuto cercando d’indovinare le parole per quella istintiva curiosità che è generale, specie all’inizio.

Coloro che invece si potrebbero definire tardi nell’apprendere, riescono spesso buoni ed anche ottimi perchè fin dall’inizio si abituano a ricevere macchinalmente e trascrivono i segni senza occuparsi di altro.

Il buon radiotelegrafista riceve macchinalmente; cioè non deve fare altro che segnare una vicina all’altra le lettere e le cifre che arrivano all’orecchio sotto forma di segnali acustici, senza distrarre la mente per decifrare il contenuto del telegramma stesso.

È logico che per impedire fin dall’inizio l’abitudine durante la recezione, sarebbe bene trasmettere segnali combinati in modo da formare parole di nessun significato, oppure parole in lingua straniera: ma questo porta ad un altro inconveniente e cioè l’alunno non trovando più interessante l’insegnamento stesso, si stanca con maggiore facilità.

Anche in questo esiste un compromesso e cioè un po’ di trasmissione in lingua madre e un po’ di convenuto o lingua straniera.

Gli esercizi sono appunto combinati in modo da soddisfare l’alunno e al tempo stesso correggono gradatamente il difetto iniziale.

La scrittura deve essere chiara con lettere in corsivo quindi niente stampatello, le lettere e le cifre debbono essere vicine e legate le une altre sia nelle parole che nei gruppi di cifre.

Sin dalla prima lezione l’insegnante dovrà insistere energicamente su questo punto, facendo ben capire agli allievi che, specie nel linguaggio convenuto o cifrato, una scrittura dubbia può essere fonte di gravissime conseguenze.

Si insista soprattutto affinché siano ben distinte le u dalle n, le b dalle l, le c dalle e, ecc. Si faccia provare a scrivere in corsivo le k, le y e le x, lettere, che essendo poco usate nella nostra lingua, da qualcuno vengono scritte in maiuscolo o in stampatello il che, nella recezione veloce, porta ad un impiego di tempo assai maggiore oltre ad una irregolarità che poi rimane difficile correggere.

È buona regola abituare l’allievo a scrivere lo stesso numero di parole o di gruppi per rigo, cosa importante, che rende facile, in servizio il computo delle parole del telegramma.

Vietare la cancellatura delle lettere o parole errate con la gomma.

Come mezzo di scrittura, la penna non è indicata a causa del continuo movimento necessario per intingere il pennino che fa perdere del tempo. La penna stilografica è più adatta, ma se dotata di pennino a punta grossa, rende indecifrabile il contenuto, specie se scritto in fretta; inoltre l’improvvisa mancanza d’inchiostro spesso ostacola o costringe ad interrompe la recezione.

Si dia la preferenza al lapis. Questo — bene appuntito — può consentire di scrivere lettere piccole e chiare.

Sarà bene che sia appuntito da ambo le parti per evitare in caso di rottura della punta, di dover perdere del tempo per rifarla e questa precauzione è importante durante la prova di esame.

Non si faccia scrivere su libretti, notes o fogli di piccole dimensioni; i frequenti capoversi distolgono ed il contenuto della trasmissione rimane ammonticchiato in poco spazio e quindi confuso.

I soliti quaderni, impiegati nelle scuole elementari, servono ottimamente.

Si badi infine che sotto ai fogli esista uno spessore di carta al fine di impedire che la scrittura rimanga deformata dalle scabrosità della superficie del tavolo o dalla vernice di esso.

Nel presente testo, a fianco di ogni riga degli esercizi, è segnato un numero che indica la quantità delle lettere che compongono il rigo stesso, questo serve a facilitare il computo dei segnali trasmessi in un minuto primo. A fianco del numero suddetto è aggiunto spesso un altro numero preceduto dal segno + questo invece indica il numero dei segnali di interpunzione e delle cifre contenute nel rigo stesso che, come è noto, vengono computati doppi.

Non si comunichi mai all’alunno la velocità di recezione che si è riscontrata. Per appagare la sua curiosità si potrà dire di aver raggiunta una velocità un po’ inferiore a quella effettiva. Non bisogna però esagerare in questo piccolo inganno, perchè si provocherebbe scoraggiamento ed anche diffidenza verso l’insegnante, ciò che invece è di massima importanza per la buona riuscita del corso.

Non possiamo indicare dati per la velocità di trasmissione perchè questo dipende dalle ore di insegnamento, dalla qualità degli alunni ed dalla quantità e dall’impegno di ognuno.

Come buona regola, per portare quasi la totalità degli alunni a buon fine, è di trasmettere con la velocità con la quale può ricevere un alunno mediocre.

Basta collocare qualcuno di essi nei primi banchi, seguire i movimenti delle matite e trasmettere il segnale successivo solo quando si vede che l’alunno si accinge a trascrivere il segno perchè da quel momento la mente è già libera.

Si tenga presente che dopo aver raggiunta la velocità di trenta caratteri al minuto primo non si potrà aumentare detta velocità che dopo numerose lezioni. È un passo questo che merita la maggiore attenzione da parte dell’insegnante.

Il giovane allievo in questo periodo trasforma nella sua memoria il segnale costituito da punti e linee in una figura fonetica di essi, trasformazione che è lenta e progressiva ma non consente l’aumento di velocità nella trasmissione.

Dopo questo periodo si può procedere gradatamente ed a ogni lezione, si constatano dei progressi.

Concludiamo col dire che le tante difficoltà e i tanti mezzi complicati non rappresentano secondo noi che errori di impostazione ad un corso per radiotelegrafia perchè tutto è più agevole e più semplice di quanto si potrebbe immaginare a condizione però che il metodo sia razionale, uniforme e progressivo.

Un ultimo fattore non va dimenticato ed è di massima importanza, quello della buona volontà sia da parte degli allievi che da parte di chi è predisposto all’insegnamento.

 

Trasmissione


La manipolazione del tasto richiede anch’essa speciali attenzioni. I tasti siano collocati ad una distanza di circa 25 centimetri dal bordo del tavolo, distanza che consente un buon appoggio dell’avambraccio.
L’alunno si collochi seduto, col corpo eretto, l’avambraccio destro perfettamente in linea col tasto leggermente appoggiato sul tavolo, quasi a sfiorarlo. L’impugnatura del tasto deve essere fatta nel modo seguente:

— l’indice e il medio quasi verticali sul pomello;

   l’anulare ed il mignolo piegati in modo da rientrare nel palmo della mano;

   il pollice dovrà sfiorare lateralmente il pomello, sotto il suo orlo in modo da servire di guida;

   la pressione sul pomello dovrà essere leggera;

   la molla antagonista del tasto dovrà essere pochissimo tesa.

Il tasto dovrà esse regolato in modo che la distanza dei contatti sia almeno di due millimetri, perchè al principio degli esercizi è bene far sentire, accentuando, lo sforzo necessario per trasmettere ad una determinata cadenza. La trasmissione va fatta col solo movimento della mano, procurando di lasciare i muscoli dell’avambraccio allo stato di riposo. Questo è bene sia osservato fin dall’inizio allo scopo di non viziare l’allievo e rendere faticosa la trasmissione. Il movimento della mano deve essere elastico ed oscillatorio.

L’insegnante comincerà a trasmettere qualche lettera o parola composta dei primi segni studiati e cercherà di farla ripetere all’alunno col movimento del tasto sempre accompagnato dal suono dell’oscillofono.

Trattandosi di insegnamento a classi numerose si potrà procedere alla trasmissione simultanea. I primi tentativi rimarranno infruttuosi ma ben presto si avranno buoni risultati tanto da udire in una classe di 20 ÷ 30 allievi il picchiettare simultaneo di tutti i tasti. Gli errori o i segnali trasmessi fuori cadenza sono facilmente individuabili.

Il metodo inizialmente attuato a Torino con eccellenti risultati è oggi largamente adottato da moltissime scuole governative e private; si insiste però nel ripetere che l’insegnamento della trasmissione collettiva avrà ottimo esito alla sola condizione che esso sia iniziato dopo almeno venti lezioni di recezione e cioè solo quando gli allievi avranno appreso e valutato con esattezza il legame fonetico dei segnali.

La trasmissione dovrà essere lenta; l’insegnante dovrà andare cauto nell’accelerare. Non sarà mai ripetuto abbastanza che in trasmissione occorre sacrificare la velocità alla regolarità se si vuole ottenere una perfetta trasmissione senza vizi o modi di battere particolari tanto che alla fine del corso tutti gli allievi trasmettano allo stesso modo.

La trasmissione simultanea non permette però di realizzare cadenze superiori a 40 ÷ 50 caratteri perciò si dovrà passare ad un secondo metodo di insegnamento cioè quello individuale.

Si tenga presente però che la cadenza base rimane già impressa ugualmente per tutti, l’accelerazione potrà apportare delle imperfezioni individuali ma di poca entità.

Naturalmente questo metodo è ottimo se l’insegnante possiede la qualità di buon trasmettitore; in caso diverso, i difetti di esso verrebbero ad aggiungersi a quelli che di per se stesso crea in seguito l’allievo.

Se si dispone di un Morsofono, sarà bene impiegarlo in sostituzione della trasmissione manuale, perchè con esso la cadenza è perfetta. La trasmissione automatica non è possibile, e quindi efficace, se non dopo aver raggiunta la cadenza di almeno 35 caratteri.

Cicalini. Viene ancora usato il cicalino come generatore acustico dei segnali. Questi organi si sregolano facilmente, variano la nota musicale emessa ed anche, a causa dei suono che assomiglia a quello generato dalle onde tipo B (smorzate) non più usate, si prestano poco all’uso.

Oscillofoni. — Assai migliori dei cicalini sono gli oscillofoni alimentati con corrente continua. Essi emettono una nota musicale continua e costante ed è più gradita all’orecchio di quella emessa dai cicalini. La frequenza acustica che sembra dare maggior gradimento è quella di 700 ÷ 800 periodi al m” corrispondente alle note musicali sol e la sopra i righi.

Per quanto riguarda gli oscillofoni alimentati integralmente dalla corrente alternata non diamo consigli di effettuarne la costruzione se non si è dotati di buone qualità tecniche e pratica di montaggio. Essi presentano l’inconveniente di far variare la nota durante i segnali lunghi e di far sentire il colpo di lamina prodotto dal tasto. La recezione rimane così assai fastidiosa. Questo è dovuto al fatto che, col variare l’intensità di corrente alle valvole si produce al tempo stesso un abbassamento di tensione e da questo la variazione della nota emessa.

Inserendo il tasto nel circuito di uscita si ha spesso anche l’inconveniente di procurare permanentemente un rumore di fondo residuo dovuto all’effetto capacitivo prodotto dai cordoncini che partono dal tasto stesso.

Altoparlante. — Qualsiasi altoparlante si presta allo scopo, esso deve funzionare con potenza tale da poter essere udito in tutta l’aula.

Alle prime lezioni, quando l’orecchio dell’alunno è duro, è necessario impiegare grandi intensità di suono, ma in seguito occorrerà ridurlo gradatamente fino a portarlo al limite puramente necessario.

Cuffia. — La recezione con la cuffia si presenta migliore che con l’altoparlante perchè l’allievo rimane più raccolto e la mente non viene distratta dai rumori esterni. L’intensità dei segnali deve giungere alle cuffie moderatamente e questo si può ottenere mediante l’inserzione di un potenziometro nel circuito delle cuffie stesse.

Tale potenziometro viene poi regolato a volontà dall’istruttore.

Per l’insegnamento individuale, a coppie, è consigliabile il semplice schema in testa all’articolo.

 

Intervento di Dragoni (21.6.04)

La ringrazio moltissimo per i numerosi e interessanti articoli di cui mi fa cortese omaggio.

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