22 - Il maestro Aliani

 

 

Allievi marconisti (I diritti della scuola 15 luglio 1939)

 

Una delle verità pedagogiche più assiomatiche è quella che l’interesse degli allievi per un qualsiasi ramo dell’umano sapere è in proporzione diretta della predilezione e della competenza particolare che di quel ramo ha l’insegnante. Un maestro entomologo o botanico o mineralista o fisico condurrà inevitabilmente i suoi allievi, pur senza trascurare gli altri insegnamenti, ad appassionarsi della vita degli insetti o delle piante, dei minerali o dei fenomeni e leggi fisiche, in maniera preminente e originale.

Soddisfazioni davvero eccezionali e, forse, insperate, deve aver tratto, da questo modo tutto particolare di intendere l’attività scolastica, un egregio e geniale collega, Adelvaldo Aliani, insegnante a Salsomaggiore, che nell’anno scolastico 1937-38 istituì, in una quinta classe, un razionale corso sperimentale per allievi marconisti.

A cavallo di due generazioni, l’Aliani è uno dei non pochi maestri che ha la vocazione religiosa della scuola, che è propria di quella passata e lo spirito innovatore della presente. Appartiene ad una famiglia di educatori (una sorella è direttrice pensionata dopo quarantacinque anni di lavoro; un’altra sorella, la moglie, i nipoti sono tutti insegnanti); ha fatto la guerra, e anche la scuola ha inteso come un campo di combattimento, sperimentandovi nuove vie, promovendovi opere sussidiarie e di assistenza, come il patronato e le colonie marine, non ostante l’incomprensione e la diffidenza che più di una volta gli attraversarono il passo.

Del suo corso di allievi marconisti abbiamo potuto vedere la documentazione in un albo di disegni e di fotografie, da lui stesso compilato con acume didattico e vero senso d’arte.

Il “tema” didattico che egli si propose di svolgere era questo: Durante i dieci minuti destinati alle occupazioni intellettuali ricreative si può insegnare agli alunni di quarta e quinta classe l’alfabeto Morse e si possono esercitare alla ricezione e alla trasmissione delle segnalazioni Morse.

Il piano d’insegnamento (e relative esercitazioni) fu diviso in tre tempi, cui accenneremo brevemente.

Primo tempo. Tutti i quarantotto alunni frequentanti imparano, in classe, a ricevere e trasmettere le segnalazioni dell’alfabeto Morse a mezzo di fischietto, cicalino e bandierine. L’alfabeto Morse, naturalmente, è scritto alla lavagna; ma, pian piano, gli alunni lo imparano a memoria.

Non è neppure il caso di avvertire che gli alunni prestano, per queste esercitazioni, il massimo dell’attenzione.

Alla pratica dell’alfabeto Morse si unisce lo studio delle nozioni elementari di elettricità e magnetismo, che serviranno quando si passerà alla pratica marconigrafia con apparecchi normali.

Secondo tempo. Non più in classe, ma all’aperto, di giorno e di sera, gli alunni, divisi in due squadre, si esercitano a trasmettere e ricevere brevi messaggi con braccia, bandierine, bandiere a lampo di colore e cassette fototelegrafiche a fari.

Gli alunni, entusiasti, giocano, dopo la scuola, ai… soldati marconisti.

Terzo tempo. I ventiquattro alunni che hanno dato prova di maggior attitudine sono ammessi alle lezioni in un’aula convenientemente attrezzata. Vengono esercitati all’uso della cuffia telefonica e al tasto manipolatore.

In breve tempo i piccoli marconisti riescono a realizzare una velocità di ricezione e trasmissione di 40-50 lettere al minuto; nel contempo hanno appreso il meccanismo e l’uso dell’apparecchio telegrafico Morse, che si presta alle più svariate e interessanti esercitazioni: per esempio, l’insegnante fa eseguire un dettato trasmettendolo telegraficamente.

Ed eccoci al termine dell’anno scolastico. Tutto finito? Oh no! L’egregio maestro Aliani svolgerà ancora, durante l’estate, un corso di perfezionamento, perché i migliori allievi marconisti possano tener pienamente fede al detto: “Impara l’arte e mettila da parte”.

Ecco, molto in breve, la storia di un corso allievi marconisti d’eccezione, sorto per felice iniziativa d’un nostro valoroso collega.

Il pensiero corre, ovviamente, a quel lavoro produttivo di cui tanto parla la Carta della Scuola. Siamo nel seminato? Certamente, collega Aliani. Non rimane che continuare.

vuemme

 

 

Affascinato da questa lettura, rintracciai la Dott.ssa Eloisa Aliani, nipote del maestro e il 7.3.2000 le scrissi:            

 

Gentilissima Signora,

come le accennavo al telefono sono un insegnante di elettrotecnica (in pensione) che sta raccogliendo del materiale per una storia, vasta il più possibile, sulla telegrafia (non radiotelegrafia).

Per caso, tempo fa, mi sono imbattuto ne I Diritti della Scuola del 15.7.1939 con l’interessantissimo articolo su suo nonno, una figura certamente fuori dal comune. In particolare ha attirato la mia attenzione l’accenno, nell’addestramento al Morse fonetico, all’uso di fischietti e cicalini.

Questi ultimi, probabilmente, erano quei giocattolini molto “poveri” (grillo, raganella, cricket, cricri, clicker, clic-clac, ecc.), in voga decenni (o secoli…) fa, e molto usati anche, a quello che ho letto, nelle feste di compleanno dei bambini americani, come passatempo o relax, in guerra (o solo nei film?) come segnali di riconoscimento (paracadutisti durante lo sbarco in Normandia?) o per ingannare il nemico simulando la carica di immaginari fucili, ecc. Sono costituiti semplicemente da una molla con un trattamento particolare che produce, sia alla pressione che al rilascio, dei suoni simili a quelli del sounder e per questo il “clicker” – pare – era usatissimo, nel secolo scorso (anzi, due secoli fa…), per fare pratica di telegrafia durante l’addestramento e in qualunque luogo ci si trovasse (per strada, in campagna, mangiando, ecc.).

Tutto ciò premesso le sarei grato se potesse ricercare qualche altro articolo di o su suo nonno (sulla sua attività telegrafica); rintracciare qualche ex allievo che possa raccontarmi qualcosa su quella esperienza che certamente sarà rimasta impressa nella sua memoria; fotocopiare qualcosa dall’album di suo nonno ed, eventualmente, farmelo vedere (anche per trarre qualche foto da inserire nel mio futuro libro…) in occasione di una mia trasferta estiva a Salsomaggiore.

Grazie e cordiali saluti.

 

La Signora Aliani, cortesissima, fece qualche ricerca e mi mandò alcune fotocopie dell’album del nonno, da cui riproduco solo il fischietto della News 24. Qualche settimana dopo (13.4.2000) scrissi quest’altra lettera al Geom. Ermanno Cattani, al Prof. Franco Piragine e all’ing. Pierluigi Torelli.

 

Grazie alla preziosa collaborazione della dottoressa Aliani sono riuscito a sapere qualcosa sul corso di telegrafia tenuto da suo nonno verso il 1937-40 (e forse oltre) e a rintracciare alcuni ex-alunni.

Alcuni di voi hanno già cortesemente risposto a qualche mia domanda, ma vi scrivo nell’eventualità che qualche altro possa essermi di ulteriore aiuto per le mie ricerche storiche (di telegrafia e non di radiotelegrafia), in particolare sul cicalino meccanico, progenitore di quello elettrico, piezoelettrico, buzzer, vibratori, ecc. (si pensi che il comune clacson una volta veniva chiamato “cicala elettrica”).

Questo cicalino era costituito da una particolare lamina d’acciaio fissata su un supporto di latta, funzionante da risonatore e dipinto, per esempio, da cicala, rana, grillo, ecc. Veniva venduto nelle fiere di paese, si trovava ogni tanto nei pacchi sorprese di Natale, o in quelli delle patatine.

Pressandolo tra pollice e indice si supera una certa soglia e si produce un suono molto forte e secco, e lo stesso avviene al rilascio.

In un libro del 1884 ho letto che questo giocattolino veniva usato ai primordi della telegrafia per fare pratica (assieme a cucchiai e altri mezzi di fortuna…) perché il rumore prodotto era molto simile a quello del sounder Morse.

 

A.L. Ternant, Les télégraphes, Paris 1884, p. 33:

En Amèrique, beaucoup de jeunes gens sont habitués à correspondre au son, au moyen du cricri (cricket, clicker), qui a servi, dès l'origine, dans les classes de télégraphie de ce pays. Quand ce joujou, que l'on aurait pu rendre si utile, fut introduit en France, on pouvait espérer che la partie supérieure de la nation en saisirait l'importance et en cultiverait l'èmploi. Ce ne fut qu'une mode passegère et le petit appareil est tombé dans l'oubli, comme tant d'autres choses utiles. Il permettait certainement l'einsegnement d'un code télégraphique que beaucoup devraient connaitre, et la facilité avec laquelle les longues et les brèves du code Morse peuveunt étre saises par l'audition, se retrouve dans les éclats de durée variable exprimant ces signaux.


I telegrafisti da me interpellati però sostengono che tale giocattolo si poteva usare solo come segnalatore generico, come nel famoso film “Il giorno più lungo” sullo sbarco in Normandia e non per i segnali Morse, a causa dei tempi di risposta (fisiologici delle dita) inadeguati, almeno per delle velocità accettabili.

Da quanto mi ha detto il geom. Cattani e da quello che si evince dall’album dell’Aliani sembrerebbe che questo dispositivo (molle in scatolette?) fosse azionato solo dal maestro e gli allievi erano addestrati solo a ricevere. L’ing. Piragine ricorda, peraltro, solo cicalini elettrici.

Inoltre nella foto si direbbe che un bambino (vedi freccia) abbia in mano proprio un cicalino…

Mi rendo conto che la mia ricerca è molto difficile, ma con un po’ di fortuna potrei trovare qualche allievo che abbia ricordi più nitidi, magari per essere diventato ufficiale telegrafico o radioamatore.

Grazie dell’attenzione e della collaborazione. Andrea Gaeta

Indietro