135 – Il telegrafo di Nino Bixio

Tra le migliaia di lavori consultati in una dozzina di anni di ricerche sulla telegrafia c’è un libello anonimo, pubblicato a Bergamo nel 1867, che ho trovato all’Archivio di Stato di Roma (collezione Bixio). Si intitola “La telegrafia militare in Italia” e denuncia il cattivo servizio telegrafico fatto dall’Arma del Genio militare durante la Campagna del 1866, non per fare uno “sfregio” a quel nobile Corpo, ma affinché “il passato serva di norma all’avvenire”.

Ritengo utile darne un breve resoconto nelle mie Morse News sia per alcune notizie tecniche (che spero di riprendere in successivi articoli) sulla “telegrafia di campagna” servita da stazioni ambulanti, sia soprattutto per delle considerazioni di carattere più generale, e di natura “etica”, che concordano con quelle del Bozza accennate in Morse News 73.

I Quartieri Generali dell’armata prussiana nella campagna del 1866 corrispondevano fra loro usando il telegrafo elettrico come un validissimo strumento di guerra, onde ne derivò quell’unità di comando che fruttò alla Prussia una serie continua di vittorie. Gli ufficiali e la bassa forza del nostro Genio Zappatori invece lasciavano a desiderare e spesso si dovette “arruolare” personale telegrafico civile più competente.

Sul campo – di battaglia, letteralmente – si verificavano spesso anomalie, paradossi della scienza che sarebbero sfuggiti al primo fisico del mondo e che solo l’impiegato pratico poteva giungere a spiegare, e quindi a porvi riparo. La ricezione ad orecchio, dote ottima e addirittura necessaria se c’è urgenza, è essenziale perché “l’occhio del telegrafista non basta a rilevare la magica parola, bisogna che gli venga in aiuto l’orecchio”. I telegrammi cifrati si ricevevano con gran lentezza e inoltre giungevano svisati per cui era impossibile interpretarli, occorrevano infinite ripetizioni, si perdeva tempo prezioso. Spesso si doveva ricorrere alle staffette. Nel paese dove nacque Volta, dopo 66 anni dalla scoperta della pila, in momenti supremi il cavallo faceva le veci dell’elettricità!

Lo stesso Vittorio Emanuele protestava ripetutamente, ma invano perché c’era un pugno di uomini, la cosiddetta Camarilla, più potente dello stesso Re. L’aristocrazia militare copriva le magagne, si accontentava delle mezze misure, aveva riguardo solo per le convenienze personali. Per favorire l’ambizione di pochi si sacrificò il bene di tutti, per non offendere la suscettibilità di chi era alla direzione si tollerò il disservizio.

I fili telegrafici poi non si debbono impegnare per cose che possono essere comunicate per posta, ed è essenzialissima anche la concisione nel redigere i telegrammi. Uno splendido esempio di concisione fu il famoso “Obbedisco” di Garibaldi, in risposta al dispaccio di Lamarmora che gli ingiungeva di sgombrare il Tirolo.

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