ME 4 – Un passatempo dei telegrafisti (11.1.2007)

Lo strumento qui a sinistra è una “bussola”, il primo “tester” o strumento di misura elettrico di tipo industriale perché usato non nei gabinetti di fisica, ma nelle più sperdute stazioni telegrafiche. Una breve descrizione si può trovare nell’ottimo sito dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza (IMSS) di Firenze, da cui ho preso la fotografia (vedi anche MO 106).

Lo schema a destra invece l’ho tratto dalle preziosissime “Letture elementari di telegrafia” di Giovanni Dell’Oro, il più volte citato, ed elogiato, direttore de “Il Telegrafista”. Anche se si tratta di un testo molto vecchio (1881) e destinato ad impiegati o apprendisti postali del tutto digiuni di cose scientifiche – o forse proprio per questo – da queste pagine sono certo che molti potranno imparare e capire, come me e più di me, qualcosa in più della scienza elettrica.

Spesso capitava che la linea (LL' nello schema) era interrotta o isolata (“spuntata”, nel gergo telegrafico) al capo lontano (vedi FO 37) e quindi non si potevano trasmettere i telegrammi. Gli impiegati allora, per passare il tempo, giocavano ad una specie di “altalena elettrica” col tasto T e con la bussola B.

Stranamente infatti, anche se il circuito era aperto, premendo il tasto passava una corrente istantanea (non voltaica, ma faradica, come i fisici ben sanno e come preciseremo meglio in altre News) che faceva deviare l’ago della bussola, mettiamo, di 1° a destra. Alzando il tasto la carica accumulata nelle decine o centinaia di chilometri della linea tornava indietro (scaricandosi a terra) e l’ago stavolta deviava a sinistra. Con l’abilità acquistata in ore e ore di inattività forzata gli impiegati più bravi riuscivano, con colpetti abilmente temporizzati, a far oscillare sempre più l’ago della bussola, come appunto nell’altalena in cui è essenziale il “timing”. La meta era far girare completamente l’ago.

Parrà strano, ma le famose equazioni di Maxwell sulla propagazione delle onde elettromagnetiche derivarono da questi fenomeni sperimentali, dietro l’impulso decisivo non solo di Faraday, ma soprattutto, si badi, del nostro Melloni (vedi AG 20).

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