MA 19 – Il magnetismo “annullato(22.5.2007)

   

Chi vuol capire, bene, l’ultimo concetto espresso nella News precedente non ha da fare altro che procurarsi due barrette magnetiche, ad esempio quelle diffusissime per i giochi di “costruzione” (foto a sinistra, ma vanno bene anche i comuni magneti cilindrici degli altoparlanti) e prestare la massima attenzione a cosa succede (alle sue mani e alla sua psiche) avvicinando tra loro prima due poli eteronomi e poi due poli omonimi. Troverà sì, rispettivamente, attrazione e repulsione, ma di tipo per così dire “particolare”, sui generis.

L’attrazione fino a un certo punto sarà “elastica” e reversibile, permettendo il “tiremmolla” tra i due magneti, poi sarà sempre meno graduale e sempre più “fatale” nel momento in cui i due poli, vertiginosamente e irrefrenabilmente, verranno a contatto annichilandosi. Questa unione intima potrebbe paragonarsi ad un corto circuito o ad una molla di orologio che si scarica di botto.

La repulsione invece è un fenomeno ancora più misterioso, e tuttavia, si badi, più facile da osservare: i due poli non si respingono, semplicemente “si evitano”, rifuggono l’uno dall’altro, non vogliono avere “rapporti”.

In termini scientifici, se ha senso ed è fino ad un certo punto misurabile la forza di attrazione, quella di repulsione è sfuggente e sicuramente non misurabile, neanche con i più “squisiti” magnetometri o le più “dilicate” bilance magnetiche. L’induzione magnetica, o se vogliamo “magnetostatica”, non può non avere rapporto, ne sono convinto, con il “segreto” dell’induzione elettrostatica intravisto o scoperto da Melloni (vedi Melloni News, passim).

Le sbarrette di plastica “magnetic toys” hanno incastrati ai due estremi due magneti che pur essendo minuscoli (come pile al mercurio del diametro di 3 mm) sono molto potenti. Con un po’ di pazienza e attenzione ne ho distrutte 10, procurandomi così 20 magneti con cui ho fatto alcune semplici e utilissime esperienze.

Tutti sappiamo, o per lo meno nei testi c’è scritto che dividendo indefinitamente una barra magnetica si ottengono sempre dei “dipoli” magnetici. Ebbene, io praticamente ho fatto il percorso inverso: partendo dai magneti elementari mi sono costruito la barra, nel mio caso “composta”, come già detto, da 20 dipolini (foto in basso a sinistra). I poli intermedi si elidono, ma non così la loro forza che “migra” e rimane “concentrata” nei poli estremi.

La “pila magnetica” appena descritta aveva una forza tale da orientarsi col campo magnetico terrestre anche poggiata sul tavolo. Ovviamente munendola di una sospensione centrale (ad esempio un semplice filo di cotone) diventava più sensibile, funzionando contemporaneamente (grosso modo) da bussola sia di declinazione che di inclinazione.

Mettendo, per così dire, “in parallelo” due barre da 10 dipoli ciascuna, collegate con due traversine di ferro o due chiodi (foto a sinistra), ho ottenuto una specie di “fascio” (vedi MA 18), ma di debole forza complessiva. Con la stessa disposizione, ma a poli invertiti (foto a destra), si ha invece un circuito magnetico chiuso o “magazzino” (detto così perché, come l’armatura o keeper, serve a “custodire” nel tempo la calamita). Qui il magnetismo sparisce, si annulla (vedi MA 17) o, come si diceva una volta (vedi ME 24), diviene “latente” o “dissimulato”, e il magazzino magnetico si comporta più o meno come l’“elettroforo perpetuo” di Volta.

Questi esperimenti “caserecci” fanno anche intravedere le dipendenze più o meno “bizzarre” dalla “storia” magnetica del materiale, in ultima analisi dal buccoliano fattore “tempo”.

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