67 – Una lettera “aggressiva”

 

Ritengo assolutamente necessario, propedeutico e soprattutto “funzionale” alla comprensione dell’Atomo che tra breve licenzierò pubblicare nella sua integrità (vedi AG 13, p. 5) anche la prima lettera da me inviata, venti anni fa, a Tullio De Mauro. Spero possa far chiarezza, finalmente, sulla mia presunta “belligeranza” e sulle relative “armi” (vedi immagine), in modo che le polemiche gratuite non continuino a far velo ai contenuti scientifici e alle scoperte di Lucidi.

Spero anche, anzi ne sono certo, che l’egregio linguista mi accorderà il permesso di pubblicare – nel futuro carteggio organico Gaeta / De Mauro – anche le poche e brevi righe di cui, negli anni, mi ha onorato.

 

Roma, 17 giugno 1985

 

                Chiar.mo Prof. De Mauro

Forse è il caso di "fare il punto" su questa mia "Operazione Lucidi". 

Il mio interesse ai fatti prosodici risale al 1979, ed è stato finalizzato a costruire un dispositivo elettronico capace di discriminare nettamente le vocali aperte da quelle chiuse (che ritengo siano tuttora le brevi e le lunghe della metrica latina e greca). In altri termini il nostro linguaggio (sopratutto il recitativo) oltre al "segnale" analogico a cui siamo abituati possiederebbe la componente digitale prosodica della metrica quanti-tativa. Il testo base delle mie indagini è stato il "De Musica" di Agostino (ed ho letto anche, con interesse, il volume di Labov nella Collana da Lei diretta). Sarebbe fuori luogo (e controproducente) per il momento aggiungere altro su questa apparentemente velleitaria "ipotesi di Gaeta". 

Nel febbraio 1984 mi sono imbattuto nel libro di Mario Lucidi traendone la netta sensazione che le mie indagini avrebbero avuto una svolta decisiva. La distinzione tra sillabe intense ed estense collimava infatti perfettamente con quanto cercavo; inoltre il velato ricorso ad "analogie" elettriche e l'invito all'acustica dinamica calzavano a pennello con la mia forma mentis (Le ricordo che sono insegnante di elettrotecnica). Ben presto però dovetti abbandonare la "pista" Lucidi per insormontabili ostacoli (che mi pare di averLe accennato).

Nel febbraio 1985 Flavia Lucidi mi fece il nome di Roberto Vacca: la breccia era fatta, e da allora sto inseguendo a tempo pieno (compatibilmente con i non lievi impegni ...mondani) tensività e vergenze, come Lei ben sa. 

Accogliendo il Suo suggerimento, provo adesso a buttar giù zibaldonescamente alcune considerazioni di carattere al tutto provvisorie.  "Grosso modo" si possono individuare tre livelli di percezione uditiva:

 

1) ancora - ancòra (avvertita da tutti; la morfologia aiuta)

2) pesca - pèsca (avvertita da alcuni; la morfologia vacilla)

3) avanza/rimane - avanza/precede (avvertita da Lucidi; la morfologia tace)

 

Credevo che quest'ultimo livello fosse subliminale, ma dal momento che Lucidi  lo percepiva anche nella normale (?) registrazione monofonica, deve tradursi in un segnale elettrico oggettivamente riscontrabile. 

Propongo di chiamare EFFETTO LUCIDI quello sgusciante fenomeno linguistico (tutto peraltro da definire e da ...percepire) per cui una parola (o anche una sillaba) slitta subdolamente dalla dizione automatica a quella riflessa e/o viceversa (una sorta di "libero arbitrio fonetico"). 

Più volte nei giorni scorsi mi ero rammaricato con stizza di questo fatto singolare: la maggior parte dei miei intervistati ha tempo e voglia di chiacchierare, ma sfortunatamente l'unico che sa qualcosa (anzi molto) di Lucidi è il prof. De Mauro, che però non posso "spremere" come voglio! Ma ieri, di colpo, ho capito l'arcano: non è affatto un caso che sia proprio il maggior linguista italiano quello che ne sa più di tutti su Lucidi! I due fatti devono essere strettamente connessi: evidentemente l'alta dottrina del Maestro ha dato i suoi frutti. 

Qui cadrebbe acconcia una mia personale considerazione sul Pagliaro, il "maestro" per antonomasia (e "il principale" per Lucidi....); ma poiché non amo giudizi affrettati mi limito ad auspicare ...il "turno" di Lucidi.

Forse è bene precisare che non considero questa mia ricerca una "tesi" o comunque un "saggio" di sapore accademico (....chiedo venia al cattedratico!). Desidero invece riuscire a capire il "segreto" di Lucidi (e solo in questo caso pubblicare i risultati, sempre che ciò sia "graficamente" possibile). 

L'anonima compagna di Mario potrebbe non essere la sola persona a conoscere, senza saperlo, il "segreto" della tensività. Lucidi aveva infatti anche un amico/discepolo (e qualificatissimo: Tullio De Mauro) che, per motivi diversi, potrebbe aver "rimosso" parte delle conquiste comunicateGli dal Maestro.

So bene - chiarissimo professore - che la mia fantasia galoppa, ma che ne direbbe di tentare un "transfert semantico", mediante delle "sedute psicanalitiche" basate sulle associazioni libere dei Suoi ricordi?

In pratica si tratterebbe di incontrarci un'ora alla settimana e "studiare" (scavando nelle parole, alla Lucidi) i sintetici e densi testi del nostro, compresi gli interessanti inediti che finora son riuscito a scovare.

Potrebbe bastare un terapeuta/levatrice semiologicamente analfabeta a far nascere grandi idee; oppure, senza scomodare Socrate e Freud, potrebbe essere sufficiente l'interazione del Suo e del mio know how a far combaciare le due metà complementari del "sùmbolon". 

Non sappiamo se Lucidi riuscì a far eseguire qualche verifica strumentale sul materiale fonico da lui preparato e/o se tali controlli ebbero successo. In ogni caso c'è da dire che nell'ultimo quarto di secolo l'elettroacustica ha fatto enormi progressi. 

Potrei continuare, e per molto, a scrivere su questo tema che tanto mi affascina, ma non voglio appesantirLe la lettura. Anche perchè tali ardue e particolarissime questioni si devono affrontare (e risolvere) solo oralmente. 

Allego altri "spunti" che potranno, forse, fare affiorare dalla "banca dati" della Sua memoria preziosi dettagli, che sarebbe bene fissare sulla carta  (...la scrittura deve pur servire a qualcosa!). 

                                                 Con i migliori saluti. Andrea Gaeta 

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