20 – Lo spazio tra le parole

 

Poco fa, cercando altra roba tra le montagne delle mie carte, mi è capitato tra le mani un ritaglio de “La Stampa” del 3 giugno 1998 e ho pensato di scrivere al volo questa Lucidi News sulla …paleografia. Non si spaventino i miei (quattro o cinque) lettori e neanche gli specialisti: non voglio, né potrei, invadere il campo di nessuno, ma quello che brevemente dirò è una cosa accessibile, elementare – anche troppo.

Prima del Medioevo le parole (sempre?) si scrivevano unite, senza spazi (chissà, forse per risparmiare tempo o materiale scrittorio) e dovevano essere per forza lette ad alta voce, “pausando” dove c’era da pausare. Chi sapeva leggere era forse paragonabile ad uno specialista, a un moderno direttore d’orchestra che capisce uno spartito le cui “note” – musicali e “tironiane” – a noi profani invece possono risultare solo un’accozzaglia di segni senza soluzione di continuità. La separazione delle parole alterò il processo fisiologico della lettura e permise la comune pratica della lettura silente, come la conosciamo oggi. Questo, in estrema sintesi, era il tema, o la tesi, del libro di P. Saenger, Space Between Words, Stanford University, 1997 (vedi foto della copertina), e della relativa recensione, di E. Bencivenga, nel ritaglio citato.

Incuriosito da tale affascinante lettura – e fresco degli insegnamenti del Vignini proprio sugli “stacchi” delle parole – mi misi in caccia di tale libro, senza però trovarlo in nessuna biblioteca romana. Fui allora costretto ad ordinarlo ad Amazon e così, qualche mese dopo, lo ebbi tra le mani e potei esaminarlo a mio agio. Non dico di essermi pentito dell’acquisto – un libro ben costruito è sempre un bene sommo – però dovetti incassare la delusione di non trovare nessun cenno alla stenografia e agli studi fisiofisici di meccanica grafica che tanto mi intrigavano. Si trattava di un’opera di alta specializzazione paleografica, però con parecchi spunti, specialmente nei primi capitoli, alla mia portata.

La lettura moderna è silenziosa, solitaria e rapida. Quella antica in genere era orale, sia ad alta voce, in gruppo, sia a voce bassa, da soli. I processi cognitivi dei lettori, nei due casi, non possono essere gli stessi. Anche attualmente si applicano due processi cognitivi diversi per leggere la manoscrittura e il testo stampato. Così come il formato del testo è variato storicamente da cultura a cultura, analogamente deve essere cambiata la capacità cognitiva (skill) per la decifrazione, perché i processi neurofisiologici per estrarre significato dalla pagina sono cambiati con la civilizzazione. Come si sa dalla psicologia cognitiva l’eliminazione dello spazio aumenta il tempo necessario per decifrare un testo e si accompagna invariabilmente ad una attività vocale o subvocale (leggere “a mente”, mormorare), che spesso impone di tornare indietro più volte per valutare un passo.

Può darsi che il fenomeno della lettura silente sia in qualche modo legato a quello della scrittura silente.

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