Latimer Clark – Quantità e Tensione elettriche

Estratto di una conferenza del 15 marzo 1861 alla Royal Institution (tradotta da A. Gaeta il 3.12.2006)

 

Le variazioni della forza della corrente elettrica in elettrodinamica, e nella quantità di carica in elettrostatica, attualmente sono in genere definite coi termini Quantità e Intensità. L’oratore fece notare che l’espressione intensità, come ordinariamente intesa, in realtà implica due qualità perfettamente distinte e poggia sul vantaggio che deriverebbe alla scienza elettrica dalla abituale separazione della complessa idea di intensità nelle sue due componenti, cioè la tensione, propugnata da Ohm nella sua celebre indagine matematica del circuito galvanico, e la quantità, sviluppata da Faraday in quelle pregevoli ricerche in cui egli stabilì il definito carattere quantitativo della scomposizione elettrochimica e l’azione dell’elettricità sul galvanometro. Il termine “tensione” qui usato vuole veicolare la stessa idea dell’espressione “forza elettromotrice” o della locuzione “potenziale elettrico” usata da Green e altri matematici, ed è del tutto dissociato dall’idea di quantità; entrambi i termini sono ugualmente applicabili all’elettricità in riposo o in movimento.

La quantità di elettricità, sia in condizioni statiche che nel suo movimento attraverso conduttori, usualmente varia direttamente con la tensione, e quindi i loro effetti congiunti ordinariamente sono stati confusi insieme ed attribuiti ad una causa denominata intensità; ma poiché la tensione e la quantità, in tutte le circostanze, non variano nello stesso rapporto, nasce l’assoluta necessità della loro netta separazione prima di iniziare qualsiasi indagine numerica su di loro. Furono mostrati casi della variazione indipendente di quantità e tensione e fu fatto notare che tutte le più sorprendenti proprietà dell’elettricità, come la decomposizione dell’acqua e dei sali, la combustione dei metalli, la deflessione del galvanometro, l’attrazione dell’elettromagnete e gli effetti fisiologici della corrente erano in realtà dipendenti, riguardo alla loro grandezza (magnitudo) ed energia, solamente dalla quantità di elettricità passante. La loro maggiore energia all’aumentare della tensione era un effetto indiretto dovuto non a quella tensione, ma all’aumentata quantità che passava in un dato tempo a causa dell’aumentata tensione. Fu mostrato che un galvanometro di pochi giri di filo grosso defletteva del tutto sia con una cella che con sei e persino con 600 delle stesse dimensioni, perché la brevità del filo convogliava liberamente l’intera quantità che una cella poteva produrre, che era la stessa di quella prodotta da tutte le 600; ma ogni variazione nelle dimensioni della cella produceva un conseguente cambiamento nella quantità e nella deflessione del galvanometro. D’altra parte un galvanometro con molte migliaia di giri di filo fino dava la stessa deflessione con una batteria formata da un piccolo gun-can o da una superficie di 20 piedi quadrati perché in questo caso la quantità era regolata e limitata non dalle dimensioni delle piastre, ma dalla capacità di conduzione del filo: la quantità essendo quindi la stessa in entrambi i casi. In ogni caso la deflessione dipendeva solo dalla quantità di elettricità che passava realmente attraverso lo strumento a prescindere dalla sua tensione.

La combustione dei metalli fu mostrata essere un fenomeno dipendente dalla quantità e non dalla tensione; una cella di batteria di Grove bruciò una certa lunghezza di filo di platino; e non poteva bruciare una lunghezza maggiore pur aumentandone la superficie; ma furono mostrate due, tre o più celle che bruciavano due e tre volte la lunghezza di prima, essendo la quantità che passava nella maggiore lunghezza sotto la tensione più alta, precisamente la stessa come nella lunghezza originale. Questo spiegava l’osservazione spesso mal compresa di Faraday che la stessa quantità di elettricità che avrebbe potuto bruciare un pollice di filo ne poteva bruciare anche un piede o un miglio.

Il dolore e lo shock sperimentati toccando una potente batteria, una bobina d’induzione o una bottiglia di Leida erano proporzionali alla quantità di elettricità che passava attraverso il sistema nervoso e non alla tensione. Un portapalla o una piccola boccia di Leida caricata alla più alta tensione non avrebbe prodotto nessuna sensazione se mancava la quantità, e lo stesso si aveva con una pila Zamboni. Da una macchina elettrica sprizzarono scintille di quasi 18 pollici, ma pur a così alta tensione non produssero nessun effetto fisiologico violento, a causa della loro deficienza di quantità. Comunque le scintille lunghe producevano più effetto di quelle corte perché raddoppiando la strabiliante distanza raddoppia la tensione, e la quantità è quindi due volte più grande. La quantità contenuta in una boccia di Leida è comparativamente grande e l’effetto sul sistema nervoso è in proporzione violento. Due condizioni erano necessarie per questi effetti: primo, che la quantità presente doveva essere considerevole, secondo che la tensione doveva essere grande da farla passare attraverso il sistema nervoso. Una batteria di due o tre celle, che poteva facilmente fondere un filo di platino, fu mostrato che non produceva nessuna sensazione dolorosa alla lingua perché la tensione era bassa, sebbene la quantità fosse abbondante; mentre un’altra batteria di 600 celle, che produceva il più insopportabile shock, per la sua deficienza di quantità non riusciva a fondere il filo. Il rocchetto di Ruhmkorff univa una tensione molto alta con una considerevole quantità e i suoi effetti fisiologici erano quindi molto violenti.

Il Sig. Varley mostrò una macchina elettrostatica, costruita su progetto del Dr. Winter: la piastra era di vulcanite, cioè caucciù vulcanizzato, del diametro di circa 3 piedi, eccitata dalla usuale amalgama. La sua particolarità era un grande e superbo anello di legno, con un’asta metallica all’interno, che, grazie alla sua adombrata influenza induttiva, ampliava la lunghezza delle scariche da 6 o 7 pollici a quasi 18.

Le forze di attrazione e repulsione elettrica a volte sono dette variare col quadrato dell’intensità, a volte col quadrato della quantità e a volte col quadrato della distanza; ma fu contestato che questi effetti fossero dovuti alla circostanza che la quantità usualmente variava nello stesso rapporto della tensione, e della distanza; e che tutti i fenomeni erano più razionalmente spiegati assumendo che l’attrazione e la repulsione elettrica variano nello stesso rapporto della quantità e della tensione, e inversamente alla distanza.

I casi in cui la quantità presente non è semplicemente dipendente dalla tensione sono quelli in cui sono presenti altri corpi elettrizzati, i quali, per la loro influenza induttiva, influiscono sulla quantità presente in tutti i corpi nelle loro vicinanze senza necessariamente influenzare la loro tensione. Un cilindro isolato fu collegato al polo positivo di una batteria Daniell di 600 celle, mentre il polo negativo fu collegato a terra: il cilindro era così in grado di dare una potente e visibile corrente a un altro filo collegato alla terra. In queste condizioni gli fu avvicinato un disco elettrizzato positivamente, e mediante la sua influenza induttiva fu mostrato rendere un estremo del cilindro elettricamente negativo, cosicché un pendolino applicato a questo estremo mostrava una carica negativa, presentando in questo modo l’apparente paradosso di un corpo elettrizzato negativamente che dava corrente positiva alla terra, o viceversa. Un estremo era elettrizzato negativamente, e l’altro positivamente, ma la tensione era la stessa ovunque.

Secondo l’ordinario modo di vedere questa classe di fenomeni si soleva dire che gli estremi del cilindro acquistavano uno stato di intensità positiva o negativa, ossia che essi avevano l’intensità cambiata. Fu contestato che ciò dava un’idea inesatta della reale natura del cambiamento e che l’avvicinamento di un corpo elettrizzato, per quanto vicino e per quanto violentemente potesse essere eccitato, non poteva minimamente influenzare la tensione di un corpo conduttore che fosse in connessione con la terra; la sola influenza possibile poteva essere alterare la quantità del secondo corpo, spingendo una parte della sua elettricità verso la terra. Si potrebbe assumere come legge che la tensione dell’elettricità in ogni parte di un corpo conduttore di moderate dimensioni è la stessa nonostante la vicinanza di altri corpi elettrizzati. Se un corpo elettrizzato positivamente fosse portato vicino ad un conduttore isolato la distribuzione dell’elettricità nel secondo corpo sarebbe cambiata, e la sua tensione complessiva aumentata, ma rimanendo ovunque uniforme, con lo stesso valore sia dal lato negativo che positivo.

In elettricità la caduta di tensione era sempre accompagnata dalla sua conversione in calore; la bruciatura del filo con la corrente galvanica, l’intenso calore dell’arco voltaico, e il calore e la luce della scarica elettrica e della scintilla, erano tutti casi dello sviluppo di calore derivato dalla caduta di tensione, e la quantità di calore sviluppato era chiaramente direttamente proporzionale alla caduta di tensione in un dato spazio e alla quantità di elettricità passante.

Nel caso dei conduttori del telegrafo elettrico e dei cavi sottomarini fu mostrato da una lunga e accurata serie di esperimenti che la tensione cade con la più perfetta regolarità dal polo positivo della batteria all’estremo in connessione con la terra, in accordo con la legge di Ohm; e poiché la quantità di elettricità trattenuta sotto induzione varia nello stesso rapporto della tensione, la distribuzione della carica in un cavo segue la stessa legge. Da ciò deriva che se un cavo attraversato da una corrente fosse diviso in un numero qualsiasi di sezioni uguali, e la quantità della sezione connessa alla terra fosse presa come unità, le quantità in tutte le altre parti, qualunque fosse il loro numero, sarebbero nel rapporto 1, 3, 5, 7, 9, ecc. Cosicché se un cavo fosse diviso a metà, le quantità starebbero nel rapporto 1:3.

L’oratore disse che egli aveva accertato che nella batteria voltaica la presenza di due metalli non era una condizione essenziale: il metallo negativo non era necessario per la formazione della corrente elettrica, ma solo per la sua successiva rilevazione e rivelazione. Una semplice massa di rame, ferro, zinco o qualsiasi metallo ossidabile, quando giaceva sulla terra umida formava una batteria completa in se stessa, dando elettricità positiva alla terra, e assumendo velocemente una tensione negativa che avrebbe comunicato a qualsiasi altro corpo poggiante su essa o in contatto con essa come, ad esempio, un lungo cavo sottomarino. Se un cavo così caricato fosse in seguito rimosso e applicato a qualsiasi metallo più elettronegativo, come pure al platino o al carbone, la carica sarebbe ritornata alla terra; e questo fu trovato misurando che la carica così acquistata mediante un cavo era esattamente la stessa come se i due metalli fossero stati impiegati simultaneamente nella ordinaria forma di una coppia galvanica. Se la massa di zinco fosse permanentemente connessa col metallo inossidabile, o meno ossidabile, e indi con la terra, la tensione, essendo costantemente distrutta, e costantemente rinnovata, avrebbe formato una corrente costante, diventando di fatto una coppia voltaica. Se la connessione con la terra, invece di essere fatta attraverso un altro metallo, fosse fatta attraverso qualsiasi liquido o sostanza conduttrice inerte, si sarebbe prodotta la stessa corrente costante, formando così il ben noto caso di una batteria voltaica con un metallo e due liquidi.

Alla fine della conferenza il Sig. Clark affermò, riferendosi alla scoperta di Faraday della capacità induttiva specifica, che nel corso di alcune indagini condotte assieme al prof. Hughes, essi avevano osservato che ogni differente dielettrico possedeva la sua propria specifica legge di variazione di capacità induttiva rispetto alla distanza. Con l’aria essa varia inversamente alla distanza, ma con la guttaperca essa era più vicina alla radice quadrata, mentre col caucciù e la cera bianca era una via di mezzo tra i due rapporti, e la legge di variazione era diversa con ogni sostanza esaminata. Dal che deriverebbe che osservatori che deducono la capacità specifica induttiva dei vari materiali da esperimenti su piastre da mezzo pollice, arriverebbero a risultati molto diversi da quelli che operano con piastre da un pollice.