DA 2 – La chiocciola perpetua (10.1.2013)

      

L’unica fonte disponibile sulla vita e l’opera di Agatino Daidone è la sua orazione funebre recitata all’Accademia dei Geniali da Gaetano Giardina il 4 giugno 1724, cinque mesi dopo la morte del grande scienziato “discepolo e precettore di se stesso”, e cinque anni dopo il grande applauso che in quella stessa Accademia aveva accolto la presentazione della sua portentosa Idrolibra, divenuta poi “meraviglia di tutta la Germania”.

Indubbiamente tutti coloro (pochissimi, in verità) che negli ultimi tre secoli si sono occupati di Daidone hanno fatto riferimento a tale documento, conservato manoscritto alla Biblioteca Comunale di Palermo e mai stampato, per quel che mi risulta, fino all’Architecture in context, tesi di dottorato di E. H. Neil sulle ville di Bagheria, Harvard 1997. Questa tuttavia non si può considerare una vera “pubblicazione” per tre motivi: non è integrale, è inzeppata di errori di trascrizione (per le enormi differenze temporali e linguistiche tra il barocco dell’estensore e la madrelingua inglese del trascrittore) e soprattutto è di difficile reperibilità. Invece la trascrizione di questo preziosissimo documento che metto oggi in rete nella sezione Fonti del mio sito www.bitnick.it (vedi FO 59) colma tutte e tre queste lacune e pertanto, anche se a qualcuno parrà strano, è una vera “pubblicazione”, con il sovrappiù di essere del tutto gratuita (con l’occasione, e con lo stesso spirito “di servizio”, edito anche il manoscritto del Romano sull’acquedotto Cornelio – vedi FO 60).

Il libro di Neil però ci è ugualmente utile perché riporta alcuni documenti (purtroppo pochissimi) della Deputazione del Regno relativi alla costruzione del ponte monumentale sul fiume San Leonardo (foto a sinistra). Apprendiamo così che il ponte (ad un solo arco, mentre tutti quelli precedenti che erano ruinati per le piene ne avevano più di uno!), quasi semicircolare, ha un diametro di 121 palmi (circa 30 m); fu costruito da 500 persone “che travagliarono continuamente”, tra falegnami, carrettieri (per il trasporto delle pietre) e operai addetti a “situare e tirare le pietre marmoree e ponerle a suo loco”; fu terminato in meno di 73 giorni; ha delle analogie con il ponte di Capodarso sul fiume Imera meridionale, sicuramente ben noto a Daidone sin dalla sua giovinezza; ecc.

Le notizie che si ricavano dall’elogio funebre del Giardina sono però, come già detto, enormemente più importanti e le commenteremo, o le utilizzeremo tacitamente in queste Daidone News, man mano che se ne presenterà l’occasione. Ad esempio, Daidone era così sicuro della perfezione del suo ponte, progettato sulle “regole irrefragabili della matematica”, che vi fece scolpire la figura di un viandante che vi dorme in “sicura quiete” (vedi foto a destra, cortesia dell’arch. Cosimo Serio, con mie integrazioni). Oppure, che Daidone restò tanto soddisfatto dalla facilità di funzionamento della coclea di Archimede (o chiocciola, si veda su Google) che aveva usato per disseccare il fiume (per piantarvi le fondazioni palificate, alla Barattieri, di uno dei due piloni) da intravedervi la vera natura o il vero significato del “moto perpetuo” (si pensi al cinematismo, studiato da Reuleaux, noto come “vite senza fine”).

Il ponte di Daidone di Termini Imerese da oltre un secolo è dismesso e chiuso al traffico (anche pedonale), forse perché erroneamente ritenuto pericolante. Il mio auspicio, di studioso e di termitano, è che esso sia quanto prima restituito alla città e alla scienza.

 

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