9 – Ricordo di Cerquiglini

 

A Sergio Cerquiglini, direttore emerito dell’Istituto di Fisiologia Umana della Sapienza, uno scienziato d’altri tempi, un signore, devo molto. In un paio di (veramente) cordiali conversazioni, nel 1995, mi insegnò quel tanto di fisiologia necessario (anche se non sufficiente, ahimé) per le ricerche di psicologia sperimentale. Nel regalarmi una copia della splendida Fisiologia Illustrata (a colori) di Mackenna e Callander mi consigliò di leggere anche l’estesiologia (la componente sensitiva del sistema nervoso) nel IV volume del Luciani e mi regalò la splendida massima: Nemo Psychologus Nisi Physiologus.

Alle mie domande sul tapping – e in particolare sul tapping dei punti e delle linee Morse – tentò di spiegarmi (se ben ricordo) che i muscoli del movimento generalmente sono muscoli rapidi e danno luogo a contrazioni alterne, ritmiche. Invece i muscoli della postura, cioè quelli che assicurano la stabilità, il mantenimento della posizione del corpo o delle sue parti nello spazio, come quando uno mantiene la testa sollevata e diritta o sta fermo in piedi, sono muscoli a contrazione lenta. La ripetizione dell’azione dipende anche, oltre che da fattori di inerzia, anche dalla velocità dei muscoli che intervengono nell’azione ripetitiva, infatti non tutti i muscoli hanno la stessa velocità. Il dito è un effettore dell’azione volontaria comandata dal cervello e munito di sensori che avvisano il comando centrale dell’avvenuta esecuzione. Sulla battuta del Morse, in particolare, convenne che il punto chiave è il tirare subito indietro il martello non appena dato il colpo e che le fonti di vibrazioni sono due: l’oggetto che percuote e l’oggetto che viene percosso. Quindi ciò che si sente è la somma delle vibrazioni, le quali, mantenendo il percussore sul percosso, sono diverse, anche per durata, da quelle in cui invece si disimpegna, si libera l’uno dall’altro corpo.

Mi disse che Vierordt, in Fisiologia, è un “nome”, ma la sua ammirazione incondizionata andava al premio Nobel Sir Sherrington (1857-1952), che ha orientato il pensiero neurologico moderno: l’uomo può fare una sola cosa, muovere cose, compiere dei movimenti, altro non può fare.

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