63 – Macchina filosoficida 1

Silvio Ceccato, anzi “il Ceccato”, come era chiamato con sufficienza o fastidio dagli intellettuali italiani, era convinto che l’enigma della mente umana “potesse venir risolto dai ‘signori filosofi’ (per dirla con Galileo) purché avessero la modestia di imparare dagli ‘artefici’, cioè da quelli che oggi chiamiamo tecnologi e ingegneri” (Giulio Giorello, necrologio di Ceccato, Corriere della Sera, 4.12.97).

Chi ha letto i miei scritti, o semplicemente sbirciato ogni tanto le sole “figure” delle mie News, saprà che il sottoscritto professa idee simili, specie dopo aver imparato da Ronchi (vedi, almeno, Morse News 36 e Lucidi News 68) e dallo stesso Ceccato, di cui voglio in particolare ricordare un seminario per manager (all’hotel Universo di Roma, il 7.2.86) che affascinò l’uditorio per molte ore. Alla profondità di pensiero Ceccato univa una eloquenza, un sano istrionismo che alternava le più svariate problematiche di estetica, sociologia, attenzione selettiva, suggestioni della parola (viva il duce! viva Lenin!) e della pubblicità (non ti vendo un rasoio, ti vendo un “Braun”!) a filastrocche spiegate nella costruzione ritmica (pirolin pirolin piangeva, voleva la candela; la matta tirava la ciabatta) o a esilaranti barzellette, come quella su Adamo ed Eva (un castigo tanto grande per un “fallo” così piccolo!).

Negli anni cinquanta, quando si parlava di cibernetica e il sistema nervoso umano iniziava ad essere equiparato ai computer, Ceccato cominciò a occuparsi di “operazioni” mentali (“linguistica operativa”) e a costruire macchine pensanti (Adamo II, Cronista meccanico…), riprendendo forse ingenue soluzioni fantasticate da ragazzo: modelli coi pezzi del Meccano, ingranaggi rappresentativi di “comportamenti”, innesto e disinnesto di ruote motrici, oziose o condotte, con gradi di libertà corrispondenti al grado più o meno povero delle “articolazioni” del pensiero (vedi schizzo, tratto dal suo libro Un tecnico tra i filosofi, Padova 1953).

Affascinato da “una soluzione per il tempo e lo spazio basata sulla differenza di un sistema di ingranaggi rispettivamente in serie e in parallelo” vagheggiava soprattutto una macchina filosoficida per farne un “ariete” e una “testuggine” contro le croniche diffidenze verso le “filosofie” o le vuote parole del linguaggio. Ma – ammetteva sconsolato – la nostra rete neuronica è composta da 15 miliardi di pezzi connessi (solo) in serie o in parallelo, un valore più grande della distanza terra-luna! Chi la costruisce questa macchina, quanto tempo e quanti …soldi ci vorranno?

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