BE 38 – I vagiti dell’elettrotecnica (19.2.2008)

 

Trascrivo un articolo interessantissimo, oltremodo istruttivo perché è l’unica recensione a me nota di [Beccaria 1753], e soprattutto perché è un fedele spaccato della considerazione in cui in genere è tenuto il Beccaria. È pubblicato nella Rivista mensile municipale “Torino”, febbraio 1934, a firma E. R., e s’intitola I primi vagiti torinesi dell’elettrotecnica: un trattato di elettricità quasi bicentenario, i vapori elettrici, il gallo prima della rana, la speranza di Franklin, ingenuità elettrotecniche.

L’Enciclopedia del Larousse, di solito assai precisa nelle sue citazioni, elenca come primo libro che sia apparso sui fenomeni elettrici quello scritto da Louis a Parigi nel 1747. Tale pubblicazione ha il seguente titolo: Observations sur l’électricité, où l’on tâche d’exprimer son mécanisme et ses effets sur l’écomonie animale. Seguono nella elencazione un opuscolo tedesco, senza indicazione del luogo di stampa, apparso nel 1752 ad opera dello Schoeffer, il quale tratta Degli effetti della elettricità nel corpo umano, ed un trattatello latino, opera di Baumer, apparso ad Erfurt nel 1755 sotto la indicazione: De electricitatis effecta in corpore animalis.

Tra questi venerandi avi della letteratura elettrica prende onorevolmente posto un trattato da me casualmente scoperto, frugando tra vecchi libri. Anzi, la data di pubblicazione, 1753, gli assegna il terzo posto fra i capostipiti della dinastia. Opera di Giambattista Beccaria – al cui nome è dedicato il corso che si diparte da Piazza Statuto – Padre nella Reale Congregazione delle Scuole Pie, fu stampato a Torino presso Filippo Antonio Campana. Vi è anzi da notare che mentre i due che lo precedono e quello che lo segue in ordine di data si limitano a studiare gli effetti della elettricità nel corpo umano e degli animali, il trattato del religioso Torinese Dell’elettricismo artificiale e naturale abbraccia più vasta materia, e come tale appare fra le primissime, se non forse assolutamente la prima, fra le pubblicazioni europee.

Si presenta sotto l’usbergo di tutti quei certificati di cui l’odierna letteratura scientifica si è fortunatamente liberata: dedica alla Sacra Reale Maestà di Carlo Emanuele I, “imprimatur” del Padre Generale in Roma delle Scuole Pie, del Vicario Generale Torinese della Congregazione del Santo Ufficio, della Cancelleria di Stato.

Scorriamone insieme il contenuto: accanto ad ingenuità che ci fanno sorridere appaiono intuizioni che ci fanno ammirare, e soprattutto un senso di ardente curiosità scientifica e di vigile contatto con gli studi che parallelamente si andavano svolgendo in Europa.

Dopo aver affermato che esistono in materia corpi elettrizzati per eccesso (positivamente), per difetto (negativamente) ed equilibrati, giustamente non accetta la tesi da altri sostenuta che la cagione dei movimenti elettrici sia la reazione dell’aria, perché egli è riuscito a provocarli anche nel vuoto. Tale confutazione lascia supporre che il Beccaria sia stato fra i primi a realizzare simile esperimento.

Corpo elettrico è definito quello che ha la proprietà di attrarre corpi leggeri, scintillare, far sentire venticello sul rovescio della mano. Cigolamento elettrico è chiamato il crepitio della scarica; fiocco o stelletta elettrica la scintilla. Il vetro appare di già come la materia atta alle molte esperienze di elettrificazione a mezzo di strofinamento o comunicazione.

Bisogna tener presente che in quell’epoca in fisica ed in medicina imperava la teoria dei vapori, e le forze elettriche non potevano naturalmente esimersi da tale andazzo scientifico. Il concetto di vapore elettrico si impone con l’autorità di un dogma e, come tale, è sorvegliato nella sua emanazione, nella sua circolazione e nei suoi effetti. Il potere delle punte, rappresentate come valvole da cui sfugge un getto di vapore sotto pressione, è messo in evidenza con notevole precisione.

L’effetto dell’elettricismo su vegetali, animali e metalli è analizzato, se non con nitida precisione, con pensosa curiosità. L’influenza benefica del vapore elettrico sulla evaporazione, nutrizione e sviluppo delle piante è, più ancora che sospettato, affermato senza esitazione. Il colpo elettrico, così è chiamata la scossa, può essere addomesticato per disciogliere e polverizzare i metalli e per accrescere la linfa delle piante ed il succo dei frutti, facendo vegetare più velocemente le prime e maturare più gustosamente i secondi. A chi avesse l’impressione che la teoria dei benefizi della elettrificazione per la prosperità delle aziende agricole sia una trovata recente, citiamo questo libro torinese di circa duecento anni fa, in cui sono riferite le esperienze fatte al riguardo dal Jallabert in Ginevra. Le prove compiute allora sulle cipolle, cioè bulbi di narcisi, giunchiglie, giacinti avevano dimostrato che quelle sottoposte ai vapori elettrici crescevano più rapidamente, davano foglie più rigogliose e fiori più profumati. Tanto palesi erano questi effetti che i fisici di allora, propensi a generalizzare, prospettavano la possibilità che il principio vitale delle piante fosse la elettricità. Anzi l’elettrico vapore era chiamato a svolgere una mansione ancora più importante: muovendosi, cambiando direzione, accostandosi ed allontanandosi, può soddisfare alla velocità e cambiamento delle sensazioni e dei loro riflessi nervosi e psichici.

Può penetrare nei fluidi del corpo umano, dilatandoli, rarefacendoli, tanto che si è osservato che il sangue che sprizza dalle vene di un uomo elettrizzato ha tutte le proprietà di zampillo elettrico.

È consuetudine affibbiare alla rana di Galvani l’onore di essere stato il primo degli animali ad offrire i suoi tendini allo scatto elettrico. Nel libro di Beccaria, stampato quando Galvani aveva soltanto 16 anni, questo diritto di priorità spetterebbe al gallo, la cui zampetta, sotto il colpo elettrico scatta come ventaglio di donna che sia apra per un colpo di collera. È naturale che la rana abbia preso, nelle esperienze posteriori, il posto del gallo, per le sue qualità di saltatrice che la munivano di tendini capaci di scatti molto maggiori.

Secondo il nostro remoto autore il vapore elettrico, pur avendo proprietà simili a quelle della luce e del fuoco, se ne differenzia alquanto. Ha i medesimi effetti di riflessibilità della luce ordinaria e, attraverso il prisma si scompone negli stessi colori elementari, disposti nello stesso ordine. Però non attraversa il vetro così bene come l’altra luce, ed i suoi raggi sono freddi. (Provi il buon Padre Beccaria a stringere una lampadina che per parecchio tempo sia stata incandescente!).

Egli giudica che tale fatto, che allora era determinato dalla rapidità della scintilla elettrica, che ancora non si era saputo fissare in una incandescenza continua, dipende da rarità di detto vapore, come nella luce della Luna o dalla velocità con cui la stelletta passa e non fa più tempo a scaldare. Il vapore elettrico è più affine al fosforo e rispetto al foco ordinario possiede la particolarità che mentre questo nel vuoto si spegne, quello più ampiamente dispiega la sua luce.

La curiosità sugli effetti di questo misterioso foco elettrico ha trascinato il buon Padre a cadere nel peccato di vivisezione, facendo abbruciare una povera lodoletta, messa a contatto con una bottiglia di Leyda.

Alla domanda di che cosa sia questo vapore elettrico l’autore, da timorato scienziato ortodosso, risponde che la cognizione di esso è riservata a Dio, ma però si può azzardare a dire che è un fluido diffuso in maniera diversa nei corpi di tutto l’universo, e tende a che la quantità diffusa in ciascun corpo si equilibra con la quantità diffusa in ciascun altro.

Non vi è però da credere che le tendenze dogmatiche e alquanto scolastiche che erano insite nel carattere della scienza del tempo, e più ancora influenti sull’abito mentale di un sacerdote, abbiano ostacolato le indagini del metodo sperimentale.

La fama della spranga di Franklin (parafulmnine), la grande novità americana di due anni prima, induce il diligente Padre Beccaria a ripetere l’esperienza. Impianta sul tetto della casa un parafulmine, allestito con tutte le cure. Vi è persino un parapioggia, che è attraversato dall’asta metallica, che deve riparare da ogni umidità il mastice attraverso il quale l’asta penetra nel solaio sottostante. L’asta termina con una catenella da cui penzola una sfera di metallo. Ad ogni accenno di temporale l’appassionato fisico corre al suo solaio. Il mese (siamo nel luglio 1752) gli è favorevole: temporali i giorni 2, 8, 10, 13, 15, 18 e 31. Talvolta parecchi in un giorno solo.

Non possiamo seguire il fisico in tutte le sue constatazioni, alcune delle quali gustosissime. Basti dire che l’accavallamento di nubi che ordinariamente è una illusione prodotta dalla differente velocità relativa con la quale il nostro occhio percepisce il loro spostamento a seconda della loro distanza dall’occhio stesso, è interpretato come un fenomeno di attrazione e repulsione di masse di vapori saturi di elettricità di nome contrario e dello stesso nome. Amena è la supposizione che tutta questa elettricità che vi è nell’aria sia prodotta per lo strofinamento che si determina tra la superficie delle acque correnti dei fiumi e per l’aria calma che staziona sopra di esse. A loro volta tali acque sarebbero elettrizzate per causa del loro sfregamento sul letto del fiume.

Vi sarebbero pure dei fulmini che invece di piombare dall’alto, zampillano dal suolo, come quello osservato a Bologna il 21 luglio 1745, che uscì da una chiavica e rovinò la torre delle monache di Santa Caterina.

Tra gli scherzi perpetrati dal fulmine è spassoso quello di cui si lagna il Conte della Gherardesca. In una sua dispensa visitata dalla folgore nel giugno 1749, nella sua villa presso Firenze, furono trovate due dozzine di fiaschi perfettamente intatte esternamente, ma pure perfettamente asciugati internamente. Probabilmente è stata una scusa del maggiordomo beone.

Sono pure citate alcune osservazioni del Conte di Robilant, Regio Sovrintendente delle Miniere Sarde, il quale aveva osservato che i pozzi di scavo emanavano vapori elettrici nei vari giorni della settimana, ma non alla domenica, perché in tale giorno essi erano diserti di minatori.

Padre Beccaria chiude il suo ormai quasi bicentenario trattato dicendo che più che stabilire dottrina assai certa e deffinitiva (sic), ha voluto proporre materia per ricercarla.

Per questa sua buona volontà e per la priorità torinese nel trattare l’Elettricismo, merita di essere stato qui ricordato.

E. R.

 

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