BE 30 – La replica di Beccaria (7.2.2008)

          

                            Elettrometro di Elmsley                       Elettrometro di Henley                             Elettrometro di Beccaria

 

“La lettera di Giovan Battista Beccaria che fa parte dell’autografoteca Warocqué a Mariemont, nel Belgio, richiamerà, son certo, l’attenzione di qualche studioso che saprà completare le scarse notizie che do” [Battistini 1930].

Credo che la lettera seguente, fortunosamente trovata da Mario Battistini nel 1930, acquisti maggior valore dopo la pubblicazione di [Elmsley 1772] nella BE 29. Infatti è la replica di Beccaria alle superficiali osservazioni dell’inglese al suo monumentale Elettricismo artificiale.

Non so se e dove questa lettera fu pubblicata: Battistini trascrive da un manoscritto, forse addirittura da una minuta, e quindi è inevitabile che ci siano delle inesattezze.

La lettera è importante anche per gli accenni all’elettrometro di Elmsley (a sinistra) e alle modifiche apportate da Beccaria (a destra), probabilmente poi confluite nel più noto elettrometro di Henley (al centro). Vedi anche [Beccaria 1776 e].

 

Riverito Sig. Elmley,

Un amico mi ha fatto vedere il vostro articolo XVII inserito nell’appendix 10 the Monthly review the forty seventh. Sinceramente mi è parso che su esso abbiate trattato un po’ severamente l’ultimo mio libro.

I.                   La parola di elettricismo non è di mia invenzione; era usata da altri italiani. E perché non potremo dire Elettricismo, similmente che tutti dicono magnetismo?

II.                E perché mi fate dire, che Franklin abbia tolto di mano il flagello?

III.             In Italia usiamo benissimo cossini [cuscinetti, strofinatori – N. d. C.]; e in quanto a me avete avanti agli occhi la figura 10 della tavola I, in cui segno i cossini, e il disco di vetro. Uso macchina voluminosa, ed anzi foderata di latta, per altri fini molti, e particolarmente per mostrare sul teatro assai ampiamente le due contrarie Elettricità insieme.

IV.            Caro Sig. Elsmley, se rianderete l’istoria delle scoperte, troverete che esse si riducono a giunte assai comunemente, ché spesso una grandissima scoperta non è che una piccola giunta. Ora io ho ben citate le capitali scoperte altrui nel libro mio, e molte spettanti alla vostra grande nazione massimamente, le ho citate liberalmente anzi che no; ma molto frequentemente troverete che con tutta modestia ho fatto delle giunte qualunque; anche molto frequentemente vi avverrete in esperienze mie; e generalmente vedrete che in tutti i casi ho promosso non so se bene o male, mappure sperimentalmente, la materia, che in essi si tratta. Epperò, che io abbia citato frequentemente Franklin, e Priestley, attribuite ciò a ingenuità dovuta, e al mio istituto di Professore, particolarmente, che è d’insegnare alla gioventù, vale a dire dare loro notizia di fonti; ma non ne traete quindi motivo per far scomparire le mie giunte alle esperienze altrui, le sperienze mie proprie, e le idee affatto mie, v. g. intorno alla conca per istropicciamento, intorno alla natura ed efficienza delle atmosfere, intorno alla produzione del fiocco e della stelletta, e della scintilla, intorno alla legge dell’elettricità vindice, intorno alle leggi e cagione dei ricorrimenti elettrici (leggendo il libro disapassionatamente troverete materia mia altra ed altra) le idee mie, dico, tratte dalla sperienza. E ciò appunto io stimo che faccia alcun pregio del mio libro, che frequentemente fo vedere, come notissime sperienze, ma non ridotte a niuna legge, né a niuno principio, v. g. la luce del barometro, l’esperienza del globo intonacato di Aauksbein (Hauksbee - vedi BE 23) si riducono ad un principio mio da me scoperto.

V.               Finirò. Voi dite, che se il mio libro capiterà in mani ingegnose probabilmente potrà promuovere la cognizione della scienza elettrica. Dovevate aggiungere: siccome Beccaria la ha egli per sua parte ingegnosamente (seppure non avete scrupolo intorno a questa parola) e laboriosamente promossa. E restate persuaso, che la Nazione Inglese non lascia di esser grande anche nell’elettricismo, né avanti, né dopo, quantunque si sia trovata d’alcun passo in alcuna particella indietro nel momento che è uscito il mio curioso trattato.

Passiamo ad altro. Io ho letto con piacere nelle Transazioni la definizione del vostro Elettrometro, e gli elogi, che ne fa il Sig. Priestley. Potrei azzardare di suggerirvi una giunta. Io metto il pendolo tra’ due quadranti di cartone (anzi uso per degni motivi due pendoli in mezzo a due paia di quadranti, o in mezzo a due semicerchi disgiunti per l’intervallo del legno di mezzo, e di metà degli spessori delle palle) (vedi disegno a destra); e in tale modo annullo la forza, che mira a disgiungere il pendolo dal piano del vostro quadrante unico. Se non m’inganno questa giuntarella mia al quadrante vostro vale la giunta, che il vostro fa al gnomone di Vichman. Io per fuscelletto uso la sommità di una paglia di segala. Spero che voi farete l’altra giunta di fissare la lunghezza, e il peso di tale paglia, o di fuscello di altra più propria comune materia, ed inoltre il volume e il peso del sovere (sughero) da annettersi p. e. e così ne metterete in istato di avere degli elettrometri di confronto. Ed io allora, se non temerò di annoiarvi, vi descriverò un elettrometro qualunque, che da molti anni uso per misurare le elettricità più debili, che non si possono misurare con l’elettrometro vostro. Sono di cuore

Vostro Servitore

Giambattista Beccaria

Torino, 29 Xmbre 1773

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